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Kenya, sul sequestro di Silvia la polizia stringe il cerchio

Kenya, sul sequestro di Silvia la polizia stringe il cerchioDavanti al commissariato della polizia kenyana a Malindi – Ap

Le indagini sul rapimento della giovane volontaria In arresto la moglie e il suocero di uno dei presunti rapitori. Fonti locali accreditano l’ipotesi di una tentata rapina che si è trasformata in rapimento

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 27 novembre 2018

Da quando Vasco da Gama arrivò sulle coste del Kenya un sabato pomeriggio del 7 aprile 1498 molti occidentali sono transitati da queste parti. Hanno portato commercio, sfruttamento, cooperazione, visioni e modelli valoriali: un intreccio singolare e collettivo che ha pervaso la popolazione locale, che a sua volta è diventato fattore di “attrazione” e fascino per i mzungu, gli ospiti stranieri.

L’IMPATTO PIÙ RADICALE (schiavismo a parte) è stato l’aver instaurato il concetto di proprietà privata: con gli occidentali nasce il mercato della terra, le transazioni derivano dalla capacità economica dei contraenti, si sviluppa il gioco anonimo della domanda e dell’offerta e la ricchezza viene, per così dire, decontestualizzata. Il denaro diventa valore trasversale e universale, così oggi si sequestra una persona per soldi: toa pesa, ritiro di contanti.

Questo, secondo le autorità inquirenti, è il possibile movente che avrebbe portato al rapimento di Silvia Costanza Romano: i soldi che qualcuno le ha visto prelevare in una banca di Malindi, ma che lei aveva prontamente messo sul cellulare attraverso il sistema di trasferimento di denaro tra utenti più diffuso in Kenya, m-pesa. A questo punto, secondo la logica di una fonte locale, i rapinatori avrebbero optato per il sequestro, «forse avevano preso le armi a noleggio, come si fa da queste parti e avevano un debito da restituire». Sono corsi via su due moto, poi la banda si sarebbe divisa, ma la polizia è sulle loro tracce e ha circoscritto l’area, la cui estensione di ricerca si riduce di giorno in giorno.

DI IERI È ANCHE LA NOTIZIA dell’arresto della moglie e del suocero di Said Adnan Abdi uno dei presunti rapitori. La donna è stata fermata nel villaggio di Tarasaa nei pressi di Garsen, nella contea di Tana River. Gli inquirenti sono riusciti a rintracciarla grazie a un’intercettazione telefonica proprio mentre parlava con il marito. Il capo della polizia ha spiegato che le due persone arrestate potranno fornire utili informazioni sul nascondiglio della banda e sulle condizioni di Silvia Romano. Resta poi la ricompensa di un milione di scellini (circa 9mila euro), una fortuna in una zona dove il salario medio è di 100 euro al mese, per chiunque fornisca informazioni utili alla cattura: nel cartello la foto del rapitore, un numero di telefono e la scritta usinyamaze («Sei finito»).

«ABBIAMO ANCHE COINVOLTO gli anziani delle comunità di Orma, Pokomo e Wadhei – ha aggiunto il capo della polizia – perché attraverso le loro comunità si adoperino per fornire informazioni utili». Gli anziani hanno condannato l’attacco e il rapimento della volontaria italiana e hanno chiesto alle comunità di collaborare con gli agenti di sicurezza per liberare la ragazza e fare arrestare i rapitori.

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