Kenya nel caos. E cresce la tensione inter-etnica
Crisi irreversibile Veleni e violenze post-voto, con scontri e morti in diverse città. Odinga: «Se il governo usa la forza il popolo ha il diritto di difendersi e di resistere pacificamente»
Crisi irreversibile Veleni e violenze post-voto, con scontri e morti in diverse città. Odinga: «Se il governo usa la forza il popolo ha il diritto di difendersi e di resistere pacificamente»
Notte di violenze in Kenya, dopo il voto presidenziale del 26 ottobre boicottato dall’opposizione. Scontri tra manifestanti e forze dell’ordine si sono verificati a Nairobi, Mombasa, Kisii, Migori, Siaya, Busia, Homabay, Kisumu, Narok e Kakamega. Secondo la polizia ci sono stati 5 morti, 19 feriti tra cui 6 agenti di polizia e 86 persone sono state arrestate.
A Kawangware gli episodi più gravi: sarebbero morte 3 persone, molti i feriti tra cui 3 bambini sorpresi dal caos all’uscita dalla scuola elementare. Secondo testimoni oculari, un centinaio di ragazzi hanno attaccato case e negozi all’altezza della zona chiamata «56», dove molte attività economiche sono state incendiate. Si assiste a un misto tra episodi di saccheggio e tentativi di bloccare l’accesso ai seggi elettorali. Nelle contee “ribelli” si sarebbe infatti dovuto votare ieri, ma il voto è stato ulteriormente rinviato a data da destinarsi. «Troppi problemi di sicurezza» ha detto il presidente della commissione elettorale Wafula Chebukati.
In questo modo si ottengono tre risultati: un buon guadagno per i looters (saccheggiatori), la spinta a una prova di forza anziché alla diplomazia e grossi problemi sociali, perché si intensificano le zone mono-etniche. Come racconta padre Kizito, missionario a Kawangware, «all’alba sulla Kabiria Road ho visto cinque famigliole che trasportavano i loro averi sulla testa e un carretto: genitori, bambini, con un tavolo, qualche sedia, fagotti di pentolame e vestiti». Certo potrebbe essere normale, i poveri si muovono molto, alla ricerca di una baracca più vicina al posto di lavoro. O scappano per non pagare mesi di affitto arretrato. Ma, nota il missionario, «cinque famiglie che si muovono all’alba sono la conseguenza di quanto è successo ieri (venerdì, ndr). Questo è un quartiere a maggioranza Kikuyu e le famiglie che vanno via sono Luo». Così il Kenya richia di diventare il paese delle piccole tribeland.
Il leader dell’opposizione Raila Odinga ha detto che «se il governo usa la forza il popolo ha il diritto di difendersi e di resistere pacificamente». Ha poi aggiunto che lunedì svelerà «Tutti i mezzi legali che la Costituzione ci mette a disposizione» per aumentare la pressione sul governo. Ora sarà compito di Uhuru Kenyatta avviare una fase di autentico dialogo. Prima che sia tardi.
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