Si aggrava l’escalation verbale fra Russia e Unione europea causata dalla parziale chiusura del corridoio che collega l’enclave baltica di Kaliningrad al resto della Federazione russa. La regione sta emergendo come un nuovo e pericoloso casus belli.

Tale sembra essere il senso del discorso pronunciato ieri da Vladimir Putin di fronte ai cadetti dell’accademia militare. Entro la fine dell’anno la Russia schiererà il super missile balistico intercontinentale Sarmat, capace di «penetrare ogni sistema di difesa missilistica esistente o futura». E ciò «farà riflettere coloro che ci stanno minacciando».

Sempre ieri il ministero degli Esteri russo ha convocato l’ambasciatore dell’Ue a Mosca, il tedesco Markus Ederer, per esprimergli le forti proteste russe e la richiesta di un ripristino immediato del normale funzionamento del transito, pena immediate contromisure. Il ministero ha anche convocato l’ambasciatore italiano Starace. Le ragioni non sono state rese note ma dato che l’incontro avviene a un mese dall’espulsione di 24 diplomatici italiani, decisa da Mosca come rappresaglia per all’espulsione di 30 diplomatici dell’ambasciata russa a Roma, l’oggetto del colloquio devono essere state le conseguenze di tali sviluppi.

IL GOVERNO DELL’OBLAST di Kalinigrad intanto ha comunicato che la Lituania ha esteso le restrizioni al trasporto su strada. L’enclave comunica quindi con il resto della Russia solo via mare. Ieri a Kaliningrad si è recato uno dei fedelissimi di Putin, il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Nikolai Patrushev. La Russia risponderà senz’altro a quello che considera una violazione del diritto internazionale, dimostrazione che gli impegni assunti dall’Occidente non valgono la carta su cui sono scritti. Mosca sta lavorando a misure appropriate che «avranno un serio impatto negativo sulla popolazione lituana» ha detto Patrushev.

Il governatore Anton Alikhanov ha aggiunto che «le risposte possono essere molto diverse, con conseguenze significative, se non sistemiche per un certo numero di settori delle economie degli stati baltici».

Queste dichiarazioni hanno fatto eco a quelle precedenti del capo della Commissione federale per la sovranità, Andrey Klimov. »L’Unione europea deve correggere la situazione di Kaliningrad altrimenti la Russia avrà mano libera per risolvere la questione del transito con qualsiasi mezzo». Incluso, sottointeso, quello militare.

Dal lato di Bruxelles, si continua a rispondere alle inquietudini russe con il consueto approccio normativo e di principio. L’Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell, ha sostenuto la legittimità della politica della Lituania. «Vilnius – ha detto l’euroburocrate – sta solo applicando le sanzioni. Il corridoio non è chiuso, funziona regolarmente per persone e merci non raggiunte dalle sanzioni, tutto il resto è solo propaganda».

Le parole di Borrell tradiscono il distacco dell’Ue dalle realtà storiche e geopolitiche dell’Europa orientale, ciò che ha portato Bruxelles ad esacerbare le linee di faglia della regione nel contesto della crisi ucraina.

CON L’INGRESSO NELLA NATO prima della Polonia nel 1999 e poi della Lituania e degli altri paesi baltici nel 2004, Kaliningrad si è trovata circondata dal blocco atlantico. Gli accordi fra Russia e Unione europea per il libero transito del 2002 rappresentavano anche un tentativo di disinnescare il pericoloso nodo rappresentato dalla situazione dell’enclave, base navale di importanza fondamentale per Flotta russa del Baltico. Il continuo allargamento della Nato ha provocato una crescente militarizzazione dell’Oblast, assurto a bastione del sistema complessivo di sicurezza della Russia, al di là dell’offensiva in Ucraina.

Qui ha sede di un sofisticato sistema radar, il “Voronezh DM”, con una copertura di un raggio di 6 mila chilometri, e, soprattutto, un complesso di batterie di missili ipersonici Iskander-M. Questi sono potenzialmente armati a testate nucleari con gittata sufficiente a raggiungere Berlino e altre capitali europee, sebbene Mosca non abbia mai confermato (o smentito) la presenza del suo arsenale nucleare nella provincia.

LA DOTTRINA MILITARE ATLANTICA considera quale uno dei punti più vulnerabili dell’Alleanza il cosiddetto corridoio di Suwalki, una striscia di territorio larga 65 chilometri che collega la Polonia alla Lituania. In caso di conflitto con la Russia, muovendo in contemporanea dall’enclave e dalla Bielorussia, l’esercito russo potrebbe chiudere il corridoio di Suwalki troncando le possibilità Nato di sostenere i suoi tre membri baltici.

Dall’inizio della guerra d’Ucraina, le truppe della Nato hanno intensificato movimenti e manovre in prossimità del corridoio per essere pronte a prevenire tale scenario il quale prefigurerebbe un confronto tra avversari dotati di armi nucleari, come è anche risuonato nel discorso di ieri di Putin.