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Julien Green, i luoghi amati e le rivelazioni dell’infanzia

Julien Green, i luoghi amati e le rivelazioni dell’infanziaParigi, anni trenta

Scrittori francesi Senna e Lungosenna, il Trocadéro non ancora demolito, la città dalla cupola del Sacré-Cœur... «Parigi», da Adelphi

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 8 ottobre 2023

Nato nel 1900 a Parigi da genitori americani, il romanziere e drammaturgo Julien Green, il cui vero nome era Julian Hartridge Green, attraversò il secolo di appartenenza con sguardo deciso e smaliziato. Nella ville lumière trovò la morte nel 1998, quasi centenario, dopo aver ricevuto premi e riconoscimenti di ogni genere per i suoi innumerevoli romanzi, tra i quali ricordiamo Mont Cinère (’26), Adrienne Mesurat e Le Voyageur sur la terre (’27), Léviathan (’29), Épaves (’32), Le Visionnaire (’34), Varouna (’40), Moïra (’50), Chaque Homme dans sa nuit (’60). Autore bilingue, sempre in bilico tra due patrie contrapposte, amico di Maritain, Mauriac e Gide, Green tenne per tutta l’esistenza un importante Journal dove riversò, con un’autenticità rara, il grumo di contraddizioni che rivelano una personalità oltremodo complessa.

I suoi libri sono improntati all’introspezione psicologica nonché a risolvere il delicato rovello derivante dal dissidio tra omosessualità e precetti di natura cattolica (si veda la pregnante biografia di San Francesco ma anche il giovanile Pamphlet contre les Catholiques de France), dopo l’abiura della fede protestante avvenuta nel 1916. I suoi titoli, proposti a più riprese in italiano in collane spesso prestigiose come «La Medusa» mondadoriana o «Le Silerchie» del Saggiatore, sono stati tradotti da figure d’eccezione: Sinisgalli, Sbarbaro, Giuliotti, De Libero, Emanuelli, Sereni.

Dopo aver pubblicato nel ’94 Suite inglese, Adelphi manda in libreria Parigi («Piccola Biblioteca», pp. 124, € 12,00), nella bella versione di Marina Karam, arricchita di un inserto fotografico e incrementata di alcuni capitoli rispetto all’edizione curata da Margherita Loy nel ’91 per la Biblioteca del Vascello. La raccolta uscì originariamente per le Éditions du Champ Vallon nel 1983, nella collana «des villes». «Ho sognato tante volte di scrivere un libro su Parigi che fosse come una lunga passeggiata senza meta, nel corso della quale non si trovano le cose che si cercano ma molte altre che non si stavano cercando» asserisce l’autore nell’incipit della premessa, rivendicando quel gusto della sorpresa, quel rinnovato stupore scaturito da una flânerie che dal modello baudelairiano approda al piéton de Paris Léon-Paul Fargue, passando attraverso lo sguardo incantato e disincantato di Walter Benjamin che riscopre il mondo variegato dei passages.

A Green non interessa una visione stereotipata della città né offrire al lettore una guida che lo orienti alla ricerca di strade e monumenti famosi, bensì la riscoperta di angoli nascosti legati alle rivelazioni dell’infanzia. Saranno così i «libri malconci nel cassone di un bouquiniste», l’incontro con uno sconosciuto di cui resta l’eco dei «passi sotto il colonnato» o il quartiere di Passy dove si aveva l’illusione di vivere in campagna a costituire lo spunto per addentrarsi nei meandri della «città segreta che portavo in me». Basta spingere una porta per addentrarsi nel quindicesimo secolo: «Con un incantevole trucco da prestigiatore, Parigi aveva tirato fuori dalla manica un piccolo chiostro ogivale nel quale mi aggiravo estasiato».

Questa «Parigi fatta di visioni» non corrisponde alla città rutilante che offre il fianco alle aspettative triviali dei turisti: il Trocadéro non è stato ancora demolito, le statue biancheggiano contro il cielo illividito con la stessa enigmaticità dei manichini di de Chirico, gli ippocastani si ergono alla stregua di fantomatiche sentinelle. Con scrittura lineare, non esente da qualche arabesco, l’autore intende edificare un delicato récit per ogni incontro. Evita accuratamente i risvolti da cartolina, augurandosi che la Tour Eiffel affondi e che Grand Palais e Petit Palais, «disonore del Cours-la-Reine», vengano inghiottiti dalle tenebre. Rimane insensibile di fronte allo spettacolo di Notre-Dame e degli Invalides. In compenso Senna e Lungosenna lo incantano e se sale sulla cupola del Sacré-Cœur si illude di «ricevere in pieno petto l’intera città».

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