Europa

Johnson: la legge «anti-no deal» equivale a un voto di sfiducia

Johnson: la legge «anti-no deal» equivale a un voto di sfiducia

Brexit Il premier convoca un consiglio dei ministri e minaccia i tory remainer: in caso di elezioni non saranno "selezionati"

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 3 settembre 2019

Ennesimo macigno nello stagno Brexit. Ieri il premier Johnson ha convocato un consiglio dei ministri a sorpresa, nel quale non ha dichiarato di voler delle elezioni anticipate, ma si è appellato ai parlamentari perché non votino a favore di un ulteriore posticipo della data di uscita (ora fissata al prossimo 31 ottobre) come hanno in animo di fare forse già da oggi. E difendendo fermamente la sua decisione di uscire lo stesso in quella data, costi quel che costi.

La cordata anti-Brexit, che comprende ribelli conservatori, labour, nazionalisti scozzesi, verdi e libdem (ciascuno in ordine rigorosamente sparso), vuole prendere il controllo dell’iter parlamentare di questa settimana per scongiurare un’uscita senza accordo dopo che Johnson aveva nei giorni scorsi annunciato di voler sospendere i lavori delle Camere dal 9 settembre al 14 di ottobre, una spallata costituzionale recepita come golpista e foriera di Brexit «hard» che lui interpreta come necessaria per mettere insieme un programma governativo da far leggere alla sovrana nel suo annuale discorso.

Il tutto mentre proseguono i colloqui a suo dire proficui con Bruxelles per una nuova bozza di accordo capace di spiccare il volo, dopo che per tre volte quello negoziato da May ha incontrato diniego dei Comuni. Inoltre, per dissuadere i potenziali ammutinati remainer tra i suoi, ne ha minacciato la deselezione – in buona sostanza di mandarli a casa – impedendogli di ripresentarsi in caso di elezioni che restano uno sbocco più che probabile: pur volendole, è impossibile che sia lui stesso a convocarle, preferendo addossarne la responsabilità al fronte del Leave, anche perché il voto di domani e mercoledì sarebbe ufficiosamente considerato un voto di fiducia su di lui e il suo governo.

E in tal caso potrebbero tenersi prestissimo, forse già il prossimo 17 ottobre, un paio di settimane prima di un meeting cruciale a Bruxelles in cui potrebbero riemergere i termini di una ridiscussione dell’accordo di uscita. Sul fronte Labour si è intanto riaffacciato Tony Blair: l’ex leader esorta il partito a evitarle le elezioni, e concentrarsi sulla richiesta di un secondo referendum, peraltro disattesa già più volte.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento