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John Singleton, il cinema di South Central

John Singleton, il cinema di South Central

Cinema Addio al regista di «Boyz’n the Hood», primo afroamericano nominato all’Oscar per la regia

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 maggio 2019

She’s Gotta Have It (Lola Darling, 1986) che vide a diciotto anni è uno dei film che gli fece pensare di poter fare cinema – insieme a Cooley High (1975) di Michael Schultz, che aveva fatto piangere sua madre quando era bambino. A soli ventidue anni, il suo esordio, Boyz ‘n the Hood (1991), ne fece il polo occidentale della nuova onda del black cinema – Los Angeles invece della New York di Spike Lee, South Central invece di Brooklyn, l’estetica più industriale della University of Southern California invece di quella autoriale della New York University, Ice Cube invece dei Public Enemy, l’appoggio finanziario di uno studio, la Columbia, fin dal debutto, invece del bianco e nero d’assalto con cui il primo film di «Spike» conquistò la scena e il botteghino indie.

IL REGISTA più giovane, e il primo afroamericano ad essere nominato per un Oscar alla migliore regia, John Singleton è mancato al Cedar Sinai Medical Center di Los Angeles, dove era stato ricoverato il 17 aprile in seguito a un ictus, e dove era rimasto da allora in stato di coma. I portavoce della famiglia hanno annunciato la decisione di staccare i sistemi di supporto artificiale lunedì mattina. La conferma della morte è arrivata dopo poche ore.
Cresciuto in una famiglia della middle class (la mamma lavorava per l’industria farmaceutica, il papà nell’immobiliare), Singleton aveva trovato ispirazione per la sua prima sceneggiatura dalle strade pericolosissime e infestate di crack della South Central degli anni ottanta, dalle guerre tra gang e dai destini criminali come quello a cui suo padre era sfuggito (il personaggio interpretato da Laurence Fishburne è infatti ispirato a lui). «Il cinema mi salvò dal diventare un delinquente» avrebbe detto lo stesso Singleton anni dopo, ricordando gli squarci di horror e blaxploitation che spiava sullo schermo del drive nel quartiere di Inglewood, dove viveva con sua madre.

NELL’ARCO della carriera, l’impatto di Boyz n’t the Hood è rimasto curiosamente insuperato – oltre alle nomination, il film (controverso all’uscita con disordini di fonte ad alcune delle sale dove lo proiettavano) incassò 123 milioni di dollari garantendo al suo giovane autore un altro contratto da Major per un’altra storia dal ghetto, Poetic Justice (1993) interpretata da due star della musica – Janet Jackson e Tupac Shakur.
Sugli stessi sfondi è ambientato anche Higher Learing.

Singleton tentò altre strade con il dramma storico Rosewood (ricostruzione di un massacro razzista, in una cittadina delle Florida, nel 1923), un remake di Shaft (2000) con Samuel Jackson e un episodio della franchise Fast and Furious, 2Fast 2 Furious (2003). In qualità di produttore gli si deve Hustle & Flow – Il colore della musica, il film di Craig Brewer che lanciò la carriera di Terrence Howard, che Singleton diresse più recentemente anche in alcuni episodi della serie Empire.

L’ULTIMO suo progetto – e uno dei più apprezzati da tempo – lo aveva riportato alle origini della sua ispirazione poetica – South Central e l’epidemia del crack. La serie Snowfall, di cui John Singleton è uno dei creatori, in onda sul canale FX, è giunta alla sua terza stagione (in Italia su Sky).

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