Jet tedeschi contro Assad, bufera sul governo Merkel
Siria Indiscrezioni della Bild su un possibile intervento della Germania al fianco degli Usa. Cdu tra due fuochi: le richieste della Casa bianca e l’ira della Spd. Concordi verdi e Csu
Siria Indiscrezioni della Bild su un possibile intervento della Germania al fianco degli Usa. Cdu tra due fuochi: le richieste della Casa bianca e l’ira della Spd. Concordi verdi e Csu
Il clamoroso dietro-front del partito della cancelliera «pacifista». I piani operativi per la guerra in Siria dello stato maggiore della Bundeswehr di concerto con i generali Usa. La ferma resistenza della Spd, unica forza nel governo impegnata davvero a disinnescare l’intervento militare di «rappresaglia» dell’Occidente. E l’inquietante appoggio ai bombardamenti «umanitari» dei Grünen, sempre più in versione Verde-oliva, con la sponda bellica degli ex alleati liberali.
Deflagra così a Berlino il «rapporto confidenziale» che rischia di far precipitare la Germania nel primo conflitto armato contro la Russia dai tempi dell’operazione Barbarossa, facendo a pezzi la Legge fondamentale (equivalente della Costituzione) che impedisce – inequivocabilmente – qualunque tipo di cobelligeranza della Repubblica federale.
Una relazione ultra-riservata i cui dettagli, però, rimbalzano da 48 ore sulla Bild, il più diffuso quotidiano tedesco: «Il ministero della Difesa è in trattative con la controparte americana per l’eventuale utilizzo in Siria dei Tornado della Luftwaffe in caso di attacco chimico da parte dell’esercito di Assad» è lo stralcio più saliente del documento confidenziale sul tavolo degli alti papaveri delle forze armate federali quanto all’attenzione della ministra della Difesa Cdu, Ursula von der Leyen.
Un report “bomba”, anche se «la decisione deve essere ancora presa dalla cancelleria» come si affannano a precisare i consiglieri di Angela Merkel, che fino a ieri giurava pubblicamente: «La Germania non prenderà mai parte alle missioni militari in Siria».
Neppure una mezza verità, dato che da mesi la Bundeswehr è impegnata “con gli stivali sul terreno” mediorientale oltre che sul Mediterraneo con la sua marina da guerra, anche se solo (ufficialmente) in azioni di supporto logistico.
Politicamente un bel problema per il Bundestag, cui spetta formalmente l’accensione della luce verde alla partecipazione di Berlino alla guerra a fianco di Washington, Londra e Parigi. Ma anche un’autentica grana etica per chi dovrà assumersi la responsabilità di bombardare, considerando l’attendibilità delle denunce degli attacchi chimici di Assad, più di una volta smentiti proprio dai media americani.
Per adesso, di conclamato c’è solo il summit di Berlino tra i militari tedeschi e il colonnello David Knych, addetto militare dell’ambasciata Usa, dopo la richiesta dell’amministrazione Trump di «unire le forze» contro il regime di Assad, come svelato dalla Bild.
In dettaglio, gli Stati uniti avrebbero sollecitato la ministra cristiano-democratica a «partecipare ai voli di ricognizione dopo il possibile attacco, per valutare il danno da battaglia», si legge nella relazione top secret ormai di pubblico dominio. Raccogliendo il placet della Cdu che ieri attraverso Norbert Röttgen, presidente della commissione Esteri, confermava: «La Germania deve prendere in considerazione l’opportunità di unirsi agli alleati occidentali nelle future missioni militari per prevenire un nuovo attacco con gas con massicci effetti sui civili».
Una raffica di parole inaccettabili per la Spd, decisa a chiudere qualunque spiraglio che possa aprire la porta ai raid sui cieli della Siria. «Non approveremo l’intervento armato né al Bundestag né nel governo», taglia corto la segretaria Andrea Nahles, per niente disposta a dar corda all’ipotesi accesa da von der Leyen, che ieri si è limitata a confermare solo il vertice con il colonnello Usa. Mentre a «mantenere aperta l’opzione dell’attacco» ci hanno pensato Verdi e Fdp, i due partner della defunta coalizione Jamaica, pronti a fare da stampella ai piani di guerra di Cdu-Csu.
Proprio nel giorno in cui il “sultano” turco Erdogan – non più così nemico – sbandierava (via Wall Street Journal) il pericolo di una nuova ondata di «profughi e terroristi» chiedendo a Mosca e Teheran di fermare la «catastrofe umanitaria» che lui stesso ha alimentato.
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