Domenica pomeriggio, la sala Debussy è gremita, il direttore Fremaux annuncia dal palco la presenza nel pubblico di Pedro Costa, Albert Serra, Jarmusch e molti altri. Di cosa si tratta? Dell’ omaggio a Jean-Luc Godard, il magnifico protagonista della modernità cinematografica morto con suicidio assistito lo scorso settembre. Per ricordarlo il festival di Cannes, dove il suo ultimo film Le Livre d’images (2018) arrivato senza il regista a accompagnarlo – ma con Cannes i rapporti sono sempre stati contrastati – aveva avuto la Palma d’oro speciale, ha scelto un documentario, Godard par Godard realizzato da Florence Platarets, e scritto da Frederic Bonnaud, il direttore attuale della Cinématheque di Parigi. A seguire era annunciato un Film annonce du film qui n’existera jamais – «Droles de guerres». Di cosa si tratta? Un ritratto e il «Trailer» coi materiali di un nuovo lavoro, che non sarà mai fatto

IL PRIMO ricostruisce la carriera cinematografica di JLG attraverso i film e soprattutto con le sue molte interviste, le dichiarazioni nei dibattiti pubblici, le teorie sul cinema, le scelte di campo, i momenti «cult» – come la torta in faccia a Cannes, le conferenze stampa, le discussioni politiche, il Leone d’oro a Venezia con Bertolucci presidente di giuria. Un montaggio di materiali semplice, anche se ascoltare il pensiero sul mondo di Godard è sempre una meraviglia e una rivelazione. E soprattutto la sua voce, così come la sua postura che cambia attraverso il tempo passa da una irriverenza ironica a una dolcezza di ironia negli anni, quasi cercando di modulare il proprio sguardo sul mondo sempre in evoluzione. Ci sono le scene dei film, le storie che li circondano, i dissapori, i cambiamenti, i ritorni.
Il «Trailer» invece – con la produzione di Saint Laurent – riguarda appunto i materiali di un film, che come dice il titolo «non esisterà mai». Strane guerre. Si tratta di schizzi, di note, di una preparazione del laboratorio del regista, di cui a un certo punto si ascolta la voce affaticata. Non un film, solo frammenti che fluttuano lì, composti per l’occasione, sullo schermo. L’effetto è spiazzante specie perché manca del tutto il movimento, in questa fase siamo a quanto accade prima, una bozza, una intuzione ma con Godard è strano. Sarajevo forse oggi l’Ucraina. I riferimenti letterari, volti, disegni, un primo flusso che poteva andare in infinite direzioni.

AL DI LÀ di questo è stato interessante vedere come Godard sia ancora superstar, e come riesca a convocare nel suo ricordo un pubblico cinefilo e non solo. Lo spiega bene questo aspetto il documentario, il fatto che Godard ha continuato a essere «presente», con una ricerca che non si è mai fermata, film dopo film. L’ultimo Godard utilizzava sempre di più immagini che non sono sue, che in realtà, appartengono a tutti, pensiamo a Film Socialisme o appunto Le livre d’image , lo spettatore è sostanzialmente il coautore del film, che si compone sotto i suoi occhi, a partire dalle migliaia di associazioni che le immagini ci chiedono di concepire, con un cinema che è la presenza dello spettatore a se stesso. Forse per questo il «Trailer» appariva un oggetto eccentrico, e al tempo stesso lavorava sull’immaginazione di ciò che non c’è, che non ci sarà, ma che tutti avremmo adorato vedere, pure se in questa forma sfugge al cinema, si fa piuttosto testimonianza, archivio, memoria. Un passaggio ulteriore da scoprire.