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Janez Janša a bagno maria

Janez Janša a bagno mariaIsonzo, manifestazione transfrontaliera – Accademia europeista Fvg

Slovenia Il referendum ecologista è stato uno schiaffo al premier e alla destra. Più dell’86% ha detto "No" alla legge del governo che toglieva le tutele delle acque. L’opposizione: «Ora dimissioni»

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 13 luglio 2021

La Slovenia è una piccola repubblica verde. Foreste, pascoli, vigneti, campi di luppolo, è un susseguirsi di paesini con i tetti a scandole, colline, campi di frumento e di mais.

L’ISONZO, LA SAVA, la Drava, i mulini intorno alla Mura, la Slovenia vanta 30.000 chilometri di corsi d’acqua e dovunque si campeggia, si gira in bicicletta, si fa rafting tra le rapide o si rema silenziosi dalla canoa. Acque da tutelare nei loro corsi naturali, da lasciare il più possibile incontaminate, come i laghi, dai conosciutissimi Bled e Bohini ai laghi «intermittenti» che compaiono e scompaiono nel terreno carsico, fino ai sette laghi del Triglav, il monte sacro degli sloveni. Non tutto oro, certo, l’inquinamento esiste e chiede prezzi alla salute, non soltanto alle bellezze del panorama, basti pensare al cementificio vicino a Kobarid/Caporetto che sversa veleno, ai capannoni e alle zone industriali, ma è ancora il verde a superare di gran lunga il cemento.

LE LOGICHE LIBERISTE non possono permettere che tanta natura incontaminata non diventi preda della speculazione, che resti patrimonio di tutti, e così la maggioranza parlamentare obbediente a Janez Janša aveva modificato in marzo una vecchia legge di tutela delle acque in favore dell’iniziativa privata lungo gli argini del mare, dei fiumi, dei laghi. Serve poter costruire, nuovi alberghi e ville e residence per sloveni ricchi e turisti; è anche questa una forma di tutela, sostenevano. Gli oppositori, in un paio di mesi, avevano depositato 40.000 firme per chiedere un referendum.

SI ERA SCHIERATA per dire «no» al referendum anche la Facoltà di Ingegneria Civile e Geodesia dell’Università di Lubiana e molti professionisti, biologi naturalisti botanici, oltre ai gruppi ecologisti che da anni organizzano manifestazioni e convegni in Slovenia con un buon seguito.
Ma gli sloveni hanno detto «no», in massa. Al referendum, promosso da gruppi ecologisti e sostenuto con forza dalle opposizioni in Parlamento, in primis da Levica/Sinistra, è stato ottenuto più dell’86% di contrari alla legge del governo. Un risultato che va ben oltre l’abrogazione della legge: è uno schiaffo a al premierJanša e alla destra e forse un preludio di quanto potrà accadere alle prossime elezioni. Settecentomila voti hanno determinato l’abrogazione della nuova formulazione della legge sull’acqua. E dire che i promotori temevano di non raggiungere i necessari 340.000 voti in una calda domenica d’estate dopo che il numero dei seggi era stato ridotto e si era scelta una domenica per il voto, giornata inusuale per la Slovenia.

SECONDO IL PRESIDENTE dell’Eco Circle, Uroš Macerl , le persone «sanno perfettamente che l’acqua e la natura sono forse il massimo patrimonio sloveno e intendono difenderlo».
C’è gioia soprattutto per l’evidente mobilitazione dei giovani, un buon segnale dopo anni che proprio i giovani sembravano disinteressarsi alla cosa pubblica, ma c’è anche la grande soddisfazione per la richiesta forte di democrazia che il voto di domenica ha rappresentato.

«Abbiamo mostrato quale sia il problema oggi in Slovenia – ha commentato Luka Mesec, parlamentare e leader di Levica/Sinistra – da una parte governanti in blu scuro e scarpe lucide che cercano di privatizzare anche le zone rimaste finora intatte e dall’altra una società che si è unita per mostrare dove vogliamo vivere: in una società dove prevale la democrazia, dove si lavora mano nella mano, dove non ci sia un governo capace di calpestare chiunque per i propri interessi».

L’OPPOSIZIONE in Slovenia non è più relegata alle manifestazioni settimanali che ogni venerdì continuano a svolgersi davanti al Parlamento a Lubiana, spesso con pesanti interventi della polizia, spesso davvero con la presenza di migliaia di persone. Non sono più i lubianesi radical-chic o addirittura terroristi, come li descrive Janša, adesso sono centinaia di migliaia di persone che hanno scelto di dire la loro depositando una scheda nell’ urna. Dopo che per mesi a Lubiana è risuonato il grido «Elezioni subito» ora sembra proprio che nessuno possa fingere di non sentirlo e la risicata maggioranza che appoggia Janša dovrebbe proprio trarne le conseguenze. Il clima si surriscalda e non c’è dubbio: c’è proprio aria di crisi in Slovenia.

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