Riconosciuto con premi internazionali per il suo lavoro di ricerca di giustizia per le vittime del conflitto armato, Ivan Cepeda è stato tra i facilitatori del processo di pace tra il governo colombiano e le Farc-Ep, che ha portato all’accordo firmato all’Avana nel 2016. Eletto deputato nel 2010, dal 2014 è senatore per il Polo Democratico, partito che conforma la coalizione del Pacto Histórico.  Recentemente  è stato rieletto nelle legislative dello scorso 13 marzo ed è autore delle denunce che hanno portato l’ex presidente Alvaro Uribe alla Corte Suprema, in una battaglia giudiziaria che dura ormai da un decennio.

Bogotà, protesta anti-Uribe di fronte alla Corte suprema (Ap)

A pochi giorni dalle elezioni presidenziali Cepeda è tra i firmatari dell’appello alla comunità internazionale a difendere la democrazia in Colombia, lanciato il 24 maggio da diversi parlamentari del Pacto Histórico.

Può spiegare quali sono i rischi del processo elettorale di domenica 29 in Colombia?

Direi che ci sono tre importanti fonti di pericolo: la prima riguarda il governo di estrema destra colombiano che non ha offerto alcun tipo di garanzia per questo processo elettorale. Il presidente è intervenuto in politica nonostante la Costituzione lo proibisca, così come il comandante dell’esercito. In secondo luogo, l’apparato elettorale e il sistema elettorale colombiano sono tradizionalmente deboli, anacronistici e vulnerabili alla corruzione. Ora, ciò che è diverso in questo caso è che il Pacto Histórico ha adottato misure per contrastare questi tentativi di brogli. Abbiamo dispiegato un meccanismo con migliaia di testimoni e avvocati che ci ha permesso di difendere i risultati nelle elezioni per il Congresso del 13 marzo e che avrà un dispiegamento significativo anche domenica prossima.

Il terzo rischio è che attualmente nei territori c’è una situazione di violenza. Il governo del presidente Duque non ha voluto implementare l’Accordo di Pace del 2016 e, di conseguenza, in molte regioni della Colombia si è assistito a una proliferazione di gruppi armati, sia insorgenti che di destra, di gruppi paramilitari e narcotrafficanti, che esercitano violenza politica contro l’elettorato.

Di fronte a questo scenario circolano diversi sondaggi. Se Petro non dovesse vincere le elezioni, quale sarà il ruolo del Congresso nel ripensare il processo politico che si è svolto finora, e cosa accadrà in piazza, a livello di mobilitazioni?

Per quanto riguarda i sondaggi, l’unico che conta è quello del giorno del voto, ma vale la pena guardare a ciò che è successo il 13 marzo: i sondaggi davano al Pacto Histórico un risultato favorevole ma molto più basso rispetto a quel che è successo. Si calcolavano al massimo 15 eletti al Senato e noi ne abbiamo avuti 20. Alcuni sondaggi hanno avuto uno scarto di oltre 10 punti, o addirittura altri davano una stima del 20% inferiore al risultato reale. È possibile che questa volta il fenomeno si ripeta, ma si tratta semplicemente di numeri.

Nella pratica, in Colombia c’è già un cambiamento politico in corso, ci sono cose che possono cambiare di più, ma qualcosa è già avvenuto: per la prima volta abbiamo una maggioranza, o almeno una forza parlamentare molto importante, ed è anche evidente che c’è una parte molto ampia della cittadinanza che è insoddisfatta dell’attuale regime politico. Quindi, se perdiamo le elezioni presidenziali, se il prossimo governo sarà di destra non avrà vita facile, dovrà fare un accordo politico se vuole ottenere governabilità, perché è già emersa una forza alternativa, che vinca o meno le elezioni presidenziali avrà un ruolo decisivo nei prossimi anni in Colombia.

Qual è la ragione di questo cambiamento politico che è già in atto, e a prescindere dai risultati delle elezioni quali sono gli elementi che hanno portato a questo momento storico?

Direi che sono essenzialmente quattro: in primo luogo, ci troviamo in un ciclo in tutto il continente, anche negli Stati Uniti, che indica una ripresa delle forze del cambiamento sociale e politico. In secondo luogo, un fattore molto importante è l’Accordo di Pace raggiunto nel 2016 in Colombia, perché è stato un trionfo del popolo colombiano. C’erano forze conservatrici che non volevano la pace, o almeno un accordo di pace con l’allora guerriglia delle Farc, e nonostante questo processo di pace abbia avuto molte difficoltà, ha svolto un ruolo politico innovatore, cioè ha avuto un impatto favorevole sull’intera scena politica.

Il terzo fattore è l’elezione di sindaci progressisti nelle principali città del Paese nelle elezioni del 2019, i quali sindaci in generale hanno rappresentato un importante cambiamento politico nel Paese.

Infine, c’è stata la mobilitazione sociale che ha avuto il suo massimo impatto in Colombia nell’aprile dello scorso anno, quando si è verificato il cosiddetto estallido sociale, una mobilitazione durata mesi in cui milioni di persone sono scese in piazza e in cui i giovani e le donne in particolare hanno guidato il movimento. La combinazione di tutti questi fattori rappresenta quindi un cambiamento culturale e politico importante.

Cosa significherebbe poter applicare davvero il processo di pace in Colombia, cosa potrebbe cambiare?

Potrebbe esserci tre importanti impatti. Uno è che l’Accordo di Pace implica alcune riforme sociali fondamentali per la democratizzazione della Colombia: la riforma rurale integrale, che implica la ridistribuzione di una percentuale significativa della terra, una politica diversa nei confronti dei territori rurali, una politicizzazione della vita rurale in Colombia. Una riforma politica democratica è un altro dei punti dell’accordo, e una nuova politica sul traffico di droga. Questo insieme di riforme sarebbe molto salutare per il Paese.

Ma, in secondo luogo, questo potrebbe essere uno stimolo per altri gruppi che sono attualmente armati in Colombia, vale a dire che una corretta applicazione dell’accordo potrebbe generare altri processi di pace che consolidino quanto già raggiunto con l’accordo del 2016. Infine, credo che, senza dubbio, la corretta implementazione dell’accordo di pace e delle sue riforme avrà un esito positivo anche per la democrazia e la politica in Colombia. Se l’accordo e i cambiamenti che ha portato hanno già avuto un impatto benevolo, cosa succederà quando raggiungeremo la piena applicazione dell’intero accordo di pace?

Sarebbe stato possibile arrivare a questo punto senza Francia Márquez? Che ruolo ha avuto in questo ciclo elettorale?

Credo che la leadership di Francia Márquez dimostri che l’intero processo democratico e popolare che si è svolto in Colombia ha messo al centro le comunità rurali e territoriali, le donne e i giovani, e la leadership di Francia lo rappresenta: una donna di origine popolare, che ha lottato tutta la vita per la difesa delle comunità afro-discendenti, che hanno un’importante componente di leadership femminile, e che hanno affrontato poteri nefasti come l’estrazione mineraria illegale e legale, che cerca di saccheggiare i nostri territori. Oggi ci sono molti elettori che voteranno per Francia e che non voterebbero per Gustavo, perché Francia ha una sua forza, rappresenta una leadership che ha anche un’impronta propria e per il mio partito, il Polo Democratico, è motivo di orgoglio aver appoggiato la candidatura di Francia e averla accompagnata in questo processo.