Un via libera e una sospensione temporanea. Nel giro di una manciata di minuti Palazzo Chigi incassa due pareri contrapposti – uno dall’Unione europea e uno da Tirana – sul controverso accordo Italia-Albania sui migranti.

PER PRIMO ARRIVA quello della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen che, rompendo un silenzio durato più di un mese, benedice il patto definendolo «in linea con il diritto comunitario». Non passa mezz’ora che dalla Corte costituzionale albanese arriva un giudizio di segno opposto: ratifica sospesa fino alla sentenza di merito, con l’udienza convocata il 18 gennaio prossimo alle 10 di mattina.

Giorgia Meloni, ieri sera impegnata a Bruxelles in un vertice sui Balcani al quale partecipa anche il premier albanese Edi Rama, legge le parole di von der Leyen come un riconoscimento alla politica di esternalizzazione delle frontiere messa in campo dall’Italia. L’accordo, è scritto nella lettera inviata dalla presidente della Commissione ai leader europei in vista del vertice di oggi, «rappresenta un segnale forte e molto positivo», un «esempio di pensiero fuori dagli schemi, basato su un’equa condivisione delle responsabilità con i Paesi terzi in linea con gli obblighi previsti dal diritto dell’Ue e internazionale».

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UN ENDORSEMENT buono per Roma, ma valido adesso anche per altri Stati che vorranno seguirne l’esempio. Come la Germania del cancelliere Olaf Scholz, che non ha mai nascosto di guardare con interesse al patto siglato con Tirana.

Va detto che il via libera di Bruxelles era nell’aria. Nelle scorse settimane aperture all’accordo erano arrivate prima dalla commissaria Ue agli Affari interni Ylva Johansson, poi dal collega all’Allargamento Oliver Varhelyi. Senza escludere la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola.

OLTRE LE DICHIARAZIONI, però, la strada dell’implementazione dell’accordo resta irta di insidie legali, economiche e logistiche. A cui da ieri se ne aggiunge una in più che viene dall’altro lato dell’Adriatico: la Corte costituzionale albanese esaminerà i due ricorsi contro l’intesa presentati da una trentina di deputati dell’opposizione. Significa che non sono infondati e non presentano irregolarità formali. La decisione nel merito, però, arriverà soltanto a gennaio.

Attraverso le azioni legali l’opposizione sostiene che il protocollo Rama-Meloni violi la Costituzione albanese e diversi trattati internazionali che il paese ha sottoscritto. Il governo guidato dal premier socialista aveva spinto per fissare la ratifica il prima possibile, provando a sfruttare l’inazione della Corte. Il parlamento avrebbe dovuto votarla oggi, ma dopo la comunicazione della presidente del massimo tribunale Holta Zacaj la procedura resterà bloccata fino alla sentenza.

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SUL FRONTE ITALIANO Meloni tenta di celare il timore che muoia sul nascere un progetto su cui ha scommesso tantissimo e in prima persona, facendo storcere il naso agli altri leader della maggioranza e al ministro dell’Interno. Palazzo Chigi si trincera dietro un «no comment», sostenendo però di non nutrire particolari preoccupazioni.

La notizia esplode sui siti a metà pomeriggio, ma fino a sera l’unico a esporsi è il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia): «Non è una bocciatura ma una sospensione. Le procedure sono state rispettate». E aggiunge: «ci viene il dubbio che il ricorso dei parlamentari di sinistra alla Corte sia del tutto strumentale», forse tratto in inganno dal nome della prima forza di opposizione albanese che si chiama Partito democratico ma ha un orientamento politico di destra. Tanto che a guidarla c’è l’ex primo ministro Sali Berisha.

«DA MELONI pessima figura internazionale», dichiara l’eurodeputato Francesco Majorino del Pd (quello italiano) che ricorda i numerosi i problemi giuridici ed economici dell’accordo invitando il governo a «cancellarlo». Di «incompetenza e inadeguatezza» dell’esecutivo parla Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana. All’attacco anche l’omologo di +Europa Riccardo Magi: «Spero che questo segni l’inizio della fine di questo obbrobrio giuridico e umanitario. È un primo ostacolo, altri ne arriveranno».