Con più di anno di ritardo rispetto a quando avrebbe dovuto farlo, il ministero dell’Economia – facendo seguito anche alle critiche fatte da esponenti di Fratelli di Italia – toglie al presidente di Ita Alfredo Altavilla tutte le deleghe operative. I sei consiglieri nominati dal Mef hanno agito in modo premeditato e compatto nel Consiglio di amministrazione di ieri. Forti un parere pro veritate anticipatamente richiesto, hanno respinto l’opposizione dello stesso Altavilla alla legittimità del voto che ha sancito il passaggio di tutti i poteri all’amministratore delegato Fabio Lazzerini, sebbene formalmente sarà l’assemblea dei soci che si dovrebbe tenere l’8 novembre a decidere anche su un aumento di capitale da 400 milioni.

La mossa rientra anche nei desiderata di Certares, il fondo americano che sta trattando in esclusiva l’acquisto della maggioranza azionaria: incontrando martedì i sindacati i rappresentanti del fondo avevano anticipato di volersi «affidare a manager del settore», com’è invece Lazzerini.

Altavilla infatti tifava sfegatatamente perché il governo scegliesse la cordata Msc-Lufthansa, tanto da mettere esplicitamente i bastoni fra le ruote al fondo Certares durante il controllo dei conti di Ita: il Mef – azionista al 100% – a fine settembre scrisse a Ita denunciando il comportamento del presidente che ostacolava Certares negando alcune informazioni.

Proprio il fatto che Altavilla fosse totalmente digiuno di esperienze nel settore aereo aveva sorpreso nella scelta della sua nomina, decisa a giugno 2021. L’ex manager Fiat e Fca era stato imposto da Draghi e dal suo consigliere economico Francesco Giavazzi per tutt’altre ragioni.

Il mandato era chiaro: far decollare la microscopica compagnia che nasceva dalle ceneri di Alitalia riducendo al minimo i costi iniziali. Così Altavilla ha operato immediatamente imponendo il «modello Fca» – copiandolo dal suo ex capo Sergio Marchionne che dopo 30 di Fiat gli preferì Mike Manley per la successione – a una società totalmente pubblica. La fuoriuscita dal contratto nazionale e la riduzione al minimo del numero di assunti sono stati il prodromo di una gestione da padrone delle ferriere. Senza citare le polemiche e le forzature sul suo compenso da presidente e i costi di consulenza.

A testimoniare un elenco lunghissimo di scelte e comportamenti quanto meno al limite della legittimità sono state le sentenze dei tribunali. In poche settimane Ita è stata condannata a marzo per discriminazione delle assistenti di volo madri: il giudice del lavoro di Roma ha accertato che delle 412 dipendenti con quella mansione nessuna è andata in astensione obbligatoria per maternità: oltre alle due lavoratrici – dipendenti Alitalia con oltre dieci anni di anzianità con base a Fiumicino, entrambe in gravidanza al momento della domanda di assunzione – è stata accertata la discriminazione almeno per altre sette – di cui una a base Linate.

Una montagna di ricorsi poi attende un verdetto: le prime sentenze sulle richieste di reintegro ai sensi della continuità fra Alitalia e Ita – articolo 2112 del codice civile – dovrebbero arrivare entro fine mese.

Una class action fatta da altri ex dipendenti chiede invece la riassunzione di tutti gli esuberi del ramo Aviation.

La sprezzante risposta di Altavilla in commissione parlamentare era stata: «Non siamo la Croce Rossa» (dimenticandosi che Croce Rossa è stata privatizza, Ita è pubblica), stigmatizzata perfino dal liberale Maurizio Lupi.

L’ultima di Altavilla è stata poi è stata denunciata dal sindacato Cub e raccontata in esclusiva (e in solitaria) dal manifesto: nel mese di agosto Altavilla ha deciso di raddoppiare un aereo pur di poter raggiungere e far raggiungere la Sardegna a dieci suoi amici e familiari. E nonostante le smentite di Ita (interamente pubblicata dal manifesto) a fine estate possiamo confermare che l’Airbus 330 non è più stato utilizzato sulla tratta Fiumicino-Cagliari.

La diarchia con Fabio Lazzerini, scelto invece dal governo Conte, non ha mai funzionato. Altavilla ha più volte tentato di far fuori l’ad senza mai riuscirci. Lazzerini invece da parte sua non ha mai esplicitato le sue critiche e anzi, specie nelle audizioni nelle commissioni parlamentari, ha sempre mostrato unità di intenti con Altavilla.

Insomma, la defenestrazione di Alfredo Altavilla è una buona notizia per i circa 3 mila lavoratori assunti da Ita e per gli ancora 5 mila esuberi di Alitalia non riassunti. Resta il fatto che il governo Draghi deve ringraziarlo: Altavilla ha fatto esattamente quanto gli era stato richiesto.