«Non mi interessa quello che succede a quelle persone», «non siamo la Croce Rossa dei dipendenti della vecchia Alitalia». L’audizione di mercoledì pomeriggio in commissione Trasporti alla camera del presidente di Ita Alfredo Altavilla passerà alla storia come una delle più vergognose e tragicomiche nella storia del parlamento. Dopo un esordio in cui aveva abbassato la cresta rispetto alla solita arroganza dell’uomo che ha imposto il «modello Fca» in una azienda a intero capitale pubblico, l’Altavilla reale ha ripreso il sopravvento durante le risposte alle domande dei parlamentari.

Se a Davide Gariglio del Pd che gli chiedeva di spiegare perché avesse annunciato 2.800 assunzioni a ottobre e invece ora ne certifica solo 2.235, Altavilla ha risposto stizzito che così ha fatto risparmiare 17 milioni allo stato, fulcro della sua introduzione sui successi della «start up Ita» («sui generis», ha ammesso poco dopo l’ad Lazzerini, visto che ha 3 miliardi di capitale pubblico), vantandosi di avere «ridotto fortemente il costo del lavoro del personale» ma auspicando «una retribuzione mediana di mercato» per se stesso e dirigenti, «non ancora definita».

La parte tragicomica è arrivata nel battibecco con il convinto liberista Maurizio Lupi – scavalcato a destra da Luciano Nobili di Italia Viva, l’unico a lodare Altavilla – che gli contestava gli «80-90 milioni buttati nel cesso per il marchio Alitalia senza usarlo» e l’uso smodato dell’inglese oltre all’espressione sulla Croce Rossa. Le scuse richieste da Lupi non sono arrivate. Mentre Altavilla dovrebbe ripassare un po’ di storia dell’economia italiana: Croce Rossa è stata privatizzata nel 2017, Ita è totalmente pubblica. E interessarsi degli 8 mila dipendenti da lui non riassunti.

Di passaggio Altavilla ha provato a contestare la class action per discriminazione delle lavoratrici assistenti di volo over 40 e in legge 104 anticipata dal manifesto, senza però confutare i numeri che dimostrano il “pettinamento” nel diminuire le «donne a rischio maternità». L’uomo che Sergio Marchionne non scelse come suo successore rischia di fare la stessa fine giudiziaria: come nel caso dell’apartheid contro la Fiom in Fca potrebbe essere ancora la giustizia italiana a affondare la protervia contro i lavoratori di un capo di impresa.