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Istituto La Boétie, tra scuola quadri ed educazione popolare

Istituto La Boétie, tra scuola quadri ed educazione popolare15 giugno 2024: manifestazione contro l'estrema destra a Bastille

Francia/Luoghi È stato creato dopo le presidenziali del 2022 per unire politica e ricerca: Institut La Boétie (Ilb), la fondazione creata da La France Insoumise

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 14 settembre 2024

Nella libreria a nord di place de la Bastille, tutte le superfici disponibili sono occupate da volumi di ogni genere. Romanzi, gialli, saggi, si affastellano su ogni centimetro quadrato disponibile, saturando lo spazio fino al punto che la quarantina di astanti fanno fatica a stare fermi, dovendo spostarsi impercettibilmente, chi con le terga chi con il collo, per seguire il dibattito in corso in fondo alla grande sala.

Il pubblico è venuto ad ascoltare il sociologo francese e studioso del neofascismo Ugo Palheta, il quale, con in mano un volume bianco e blu, sta presentando la prima pubblicazione dell’Institut La Boétie (Ilb), la fondazione creata da La France Insoumise dopo le presidenziali del 2022 con «l’ambizione di essere al contempo un luogo di elaborazione intellettuale di alto livello e uno strumento di educazione popolare», come recita il sito web. La Boétie è l’Étienne – filosofo, politico e giurista – che intorno al 1550 scrisse il Discorso sulla servitù volontaria: gli autocrati restano al potere finché i sudditi glielo permettono, la sua tesi.

La prima opera dell’Ilb è intitolata Estrema destra, la resistibile ascesa. Coordinata da Palheta, la pubblicazione contiene una quindicina di contributi scritti da accademici (come lo stesso Palheta, l’antropologo Didier Fassin e il sociologo Félicien Faury), da militanti e da giornalisti. L’obiettivo dell’iniziativa editoriale è sviscerare le strategie dell’estrema destra francese ed europea, al fine, si spera, di orientare la battaglia politica contro di essa.

D’altronde, quando si tratta di questa strana creatura che è l’Institut La Boétie, teoria e pratica appaiono come due facce della stessa medaglia. «È uno spazio consacrato alla ricerca delle scienze sociali e, allo stesso tempo, al pensiero critico», spiega Clémence Guetté, deputata de La France Insoumise, responsabile del programma di Lfi e co-presidente dell’Ilb (assieme a Jean-Luc Mélenchon), oltre che autrice della postfazione del volume citato. «La creazione di questo istituto s’iscrive nella nostra battaglia politica», dice Guetté.

Per la «battaglia», infatti, servono i corpi e servono le idee. L’Ilb (finanziato quasi interamente dal partito) è strutturato un po’ come una scuola-quadri, un po’ come un think tank. È organizzato dalla dirigenza politica di Lfi, che fa della «politicizzazione» del lavoro intellettuale un punto d’orgoglio. I sette dipartimenti che lo compongono (storia, geografia, economia, sociologia, filosofia, relazioni internazionali e pianificazione ecologica) sono diretti ciascuno da un binomio composto da un accademico e da una figura «politica» di Lfi.

Il lavoro di elaborazione teorica dei dipartimenti, di organizzazione di seminari e di scrittura di rapporti, costituisce solo metà della vita dell’istituto. L’altra metà è la scuola di formazione «dedicata ai militanti di Lfi, una specie di scuola-quadri il cui obiettivo è fornire una formazione teorica e pratica solida alle persone che animano il movimento a livello nazionale o locale», dice Antoine Salles-Papou, responsabile della scuola di formazione dell’Ilb e membro di Lfi.

Le formazioni – che si svolgono lungo l’intero anno scolastico – ruotano intorno a dei «percorsi teorici», come li chiama Salles-Pou, che vanno dal «materialismo storico» (i concetti chiave del pensiero marxista) all’«umanesimo globale» (il repubblicanesimo rivoluzionario francese), passando dalle teorie critiche femministe e antirazziste.

Ogni promotion, ogni classe, comprende una sessantina di allievi che vengono scelti con cura da Salles-Pou e dai suoi colleghi dell’Ilb, assieme ai dirigenti politici di Lfi. «In questo momento stiamo facendo il bando per la quarta promotion e abbiamo già mille candidature», dice. La scrematura, spiega, si fa in base al bisogno di «diversificare la composizione sociale dei quadri del movimento», l’imposizione «della parità di genere», la differenziazione geografica e, soprattutto, l’idea che tali formazioni servano a formare «dei militanti sui quali il movimento possa fare affidamento in futuro».

Pur non organizzando la logistica di tali formazioni, sono i membri dei dipartimenti a svolgere gli insegnamenti veri e propri. «È un’esperienza molto interessante», dice Marlène Benquet, ricercatrice in sociologia al Centre national de la recherche scientifique (Cnrs), specialista di finanza e co-direttrice del dipartimento di sociologia dell’Ilb. «Sono classi eterogenee, con persone di tutte le età, di origini sociali molto diverse», spiega Benquet, che racconta di essere stata colpita da un’esperienza diversa ma «complementare» al lavoro accademico. «Mi ha obbligato a ripensare la mia attività di ricerca sotto una luce più direttamente politica, riflettendo alle conseguenze pratiche del lavoro intellettuale», dice.
Benquet afferma di non essere una militante di Lfi, pur riconoscendo il proprio statuto di «compagna di strada» del movimento. Per lei l’Ilb fornisce un legame essenziale tra il mondo scientifico e quello politico, spesso sordi l’uno all’altro. «Penso sia un peccato che i lavori scientifici non abbiano l’effetto politico che dovrebbero produrre – spiega Benquet – Una politica di sinistra non può che essere fondata scientificamente»

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