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Israele-Hamas intesa incerta. Biden sferza Bibi che non decide

Israele-Hamas intesa incerta. Biden sferza Bibi che non decideSfollati palestinesi in fila per il cbio a Rafah – Epa/Haitham Imad

Israele-Gaza Oggi a Gerusalemme est la Marcia delle Bandiere della destra. Nella Striscia nuovo attacco dell’esercito ad Al Bureji e Maghazi: almeno 11 morti.

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 5 giugno 2024
Michele GiorgioGERUSALEMME

L’area intorno alla città vecchia di Gerusalemme est si è trasformata ieri sera in una zona militare. E oggi pomeriggio circa 3mila agenti di polizia saranno schierati nel cuore del settore palestinese della città a protezione di migliaia di nazionalisti israeliani che, sventolando la bandiera nazionale, attraverseranno i quartieri arabi, all’interno delle mura antiche. Lo scopo è quello di affermare il controllo o, meglio, l’occupazione israeliana della zona araba di Gerusalemme cominciata nel giugno di 57 anni fa e mai riconosciuta a livello internazionale. È la Marcia delle Bandiere, una provocazione annuale, alla quale prendono parte anche ministri e deputati, che rischia di accendere la miccia della tensione che cova sotto la cenere a Gerusalemme. Questa mattina, peraltro, centinaia di attivisti di associazioni messianiche legate alla destra israeliana intendono entrare sulla Spianata della moschea di al Aqsa, per invocare la ricostruzione nel sito del biblico Tempio ebraico.

COME ANDRANNO le cose nessuno può prevederlo. Una scintilla può accendere un incendio nella zona araba della città. Ma la destra più radicale userà le migliaia di partecipanti alla Marcia delle Bandiere – molti quali arriveranno dagli insediamenti coloniali in Cisgiordania – per contestare e provare a silurare la possibilità che il premier Netanyahu accetti la proposta di accordo con Hamas – per un cessate il fuoco (temporaneo) e uno scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri politici palestinesi – annunciata venerdì scorso da Joe Biden.

Ieri Canale 14, tv online di destra con un buon seguito, ha sparato a zero sull’eventuale intesa, affermando che la proposta «è un interesse di Biden e non di Israele» e che un accordo sulla base di quanto annunciato dal presidente americano «rappresenta una sconfitta per Israele» che non potrà «terminare la distruzione di Hamas e la sua rimozione dal potere a Gaza». Posizioni condivise da Itamar Ben Gvir e dal suo collega di ultradestra, il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, che minacciano di far cadere il governo.

I DUE MINISTRI ieri hanno accolto con disappunto il via libera all’accordo dato dal partito religioso ultraortodosso Shas, parte della coalizione di governo. I fautori della guerra ad oltranza vedono nel cessate il fuoco di sei settimane previsto dalla roadmap di Biden – anche se il piano viene ancora descritto come «israeliano» – la fine certa dell’offensiva israeliana contro Hamas che ha distrutto gran parte di Gaza, assieme alla scarcerazione di centinaia, forse migliaia di prigionieri palestinesi, molti di primo piano, in cambio del ritorno a casa di «poche decine di ostaggi israeliani».

IL SÌ DI ISRAELE è legato alle decisioni di Netanyahu. Sarà lui a dover muovere i prossimi passi. Ideologicamente il premier non è lontano da Ben Gvir e Smotrich, alleati che gli sono stati fedeli ma che ora minacciano di affondarlo. Netanyahu teme la caduta del governo, sa che porterebbe alla fine della sua carriera politica e a una probabile condanna per corruzione (il processo che lo vede sul banco degli imputati è solo sospeso). E, in silenzio, forse spera che Hamas respinga l’accordo, sottraendolo alle pressioni interne ed esterne. Allo stesso tempo non può più aggirare le contestazioni delle famiglie degli ostaggi che vogliono un compromesso con il movimento islamico. Gli Usa inoltre hanno presentato all’Onu una bozza di risoluzione che chiede al Consiglio di Sicurezza di appoggiare la proposta di cessate il fuoco. E Biden, mentre intima ad Hamas di accettare l’accordo, non manca di lanciargli bordate. In un’intervista ieri sul Time (concessa però il 28 maggio), il presidente Usa lo ha accusato di prendere tempo sulla fine della guerra a Gaza per motivi politici.

«CI SONO TUTTE le ragioni perché le persone traggano questa conclusione», ha detto. Netanyahu ha accusato il colpo e in un colloquio telefonico con il presidente francese Macron ha detto che il piano per la liberazione degli ostaggi comunque «permette a Israele di realizzare tutti gli obiettivi della guerra che Israele si è prefissato, compresa l’eliminazione di Hamas», facendo intendere di essere disposto ad accettarlo.
La riunione del gabinetto di guerra israeliano convocata ieri sera potrebbe rivelarsi decisiva. Sul terreno però a parlare sono sempre i cannoni. Ieri è cominciata una profonda incursione dell’esercito israeliano nel centro della Striscia, nel campo profughi di Al Bureji e in quello di Maghazi. Preceduti da bombardamenti aerei e di artiglieria che hanno fatto, secondo fonti locali, 11 morti, i carri armati sono avanzati dentro al Bureji e nelle aree circostanti. Video girati all’ospedale Al Aqsa hanno mostrato bambini e adulti insanguinati portati di corsa al pronto soccorso. Poco prima, nella vicina Deir al Balah, otto agenti della polizia di Gaza erano stati uccisi da un raid aereo in cui sono morti anche di tre civili.

VENTI DI GUERRA sempre più forti soffiano al confine con il Libano. Citando fonti britanniche non meglio precisate, il quotidiano di Beirut Al Akhbar scriveva ieri che Israele lancerà a metà giugno un’ampia offensiva contro i combattenti del movimento sciita Hezbollah.

 

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