Iran, Narges Mohammadi inizia lo sciopero della fame in carcere
Medio Oriente Alla premio Nobel per la pace sono state negate le cure perché rifiuta di indossare il velo
Medio Oriente Alla premio Nobel per la pace sono state negate le cure perché rifiuta di indossare il velo
La vincitrice del Premio Nobel per la pace 2023, Narges Mohammadi, detenuta nella famigerata prigione di Evin a Teheran, ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la mancanza di cure mediche dopo che i funzionari della prigione le hanno negato l’accesso alle cure ospedaliere urgenti a causa del mancato rispetto dell’obbligo di indossare il velo.
L’attivista soffre di una grave condizione cardiaca. A seguito di un ecocardiogramma, secondo il medico del carcere, ci sarebbe bisogno del trasferimento immediato di Mohammadi in un centro specializzato per il trattamento del cuore e dei polmoni.
Dopo una settimana di appelli da parte dei suoi avvocati per farla trasferire in ospedale, il pubblico ministero ha impedito lo spostamento dal carecere finché la donna continuerà a rifiutare di indossare il velo islamico.
Per anni Mohammadi ha espresso il suo dissenso contro l’obbligo del velo imposto alle donne iraniane, e si è battuta contro le restrizioni alle libertà e ai diritti delle donne.
La sua famiglia, in una dichiarazione, sottolinea che «Narges protesta contro la politica della Repubblica islamica di ritardare e trascurare le cure mediche per i detenuti malati, con conseguente perdita della salute e della vita delle persone, così come contro la politica dell’obbligo di velo islamico per le donne».
Da quando è stata arrestata per la prima volta nel 2011, Mohammadi, madre di due figli, ha trascorso gran parte degli ultimi anni alternando periodi di detenzione alla sua attività di difesa dei diritti civili.
Taghi Rahmani, attivista politico e marito di Narges Mohammadi, ha dichiarato che sua moglie non accetta l’obbligo di indossare il velo neanche per essere trasferita all’ospedale. «La questione è molto pericolosa, poiché i funzionari mettono a rischio la vita delle detenute a causa dell’obbligo dell’hijab» ha aggiunto.
Sono migliaia gli attivisti arrestati e detenuti in carcere con accuse vaghe relative alla sicurezza dello Stato. La mancanza del velo è diventata una scusante per sopprimere qualsiasi ribellione delle donne dopo le grandi manifestazioni che hanno travolto la Repubblica islamica. Solo pochi giorni fa, Nasrin Sotoudeh, avvocata iraniana, scrittrice, vincitrice del “Freedom to Write 2021”, è stata arrestata e picchiata mentre partecipava al funerale della sedicenne Armita Geravand, deceduta in seguito a un presunto pestaggio per non aver indossato il velo islamico.
Un anno dopo le proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini mentre era in custodia della Polizia morale, il parlamento iraniano ha approvato una legge che prevede severe sanzioni per coloro che non rispettano l’obbligo di indossare l’hijab islamico.
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