Iran, a capo dei giudici arriva il falco della repressione Ejei
Nella Repubblica islamica ora guidata da Raisi Già vice del nuovo presidente, un torbido passato di abusi, torture e sparizioni di oppositori. Con lui sarà una magistratura sempre più alleata dei servizi nel limitare la libertà di espressione
Nella Repubblica islamica ora guidata da Raisi Già vice del nuovo presidente, un torbido passato di abusi, torture e sparizioni di oppositori. Con lui sarà una magistratura sempre più alleata dei servizi nel limitare la libertà di espressione
In seguito alle elezioni dello scorso 18 giugno, il prossimo 3 agosto Ebrahim Raisi si insedierà alla presidenza della Repubblica islamica. Lasciata vacante da Raisi, la poltrona di capo della magistratura è andata al suo vice, Gholam-Hossein Mohseni Ejei. In comune, i due personaggi hanno un passato torbido in termini di violazioni dei diritti umani. Nei prossimi anni possiamo quindi attenderci una ulteriore strumentalizzazione della magistratura, intesa come un prolungamento dei servizi di intelligence, nel limitare la libertà di espressione e reprimere il dissenso.
NOMINATO IL 1° LUGLIO dal leader supremo Ali Khamenei, Ejei è nato nel 1956 a Ezhe, Isfahan. Figlio di un contadino, ha studiato dapprima al seminario religioso Haqqani della città santa di Qum, dove a diciassette anni è diventato hojatolleslam, dopodiché ha conseguito il master in Diritto Internazionale all’Università Azad di Teheran. Diversamente da tanti altri politici della Repubblica islamica, non ha trascorso un periodo nelle carceri dei Pahlavi e non è nemmeno un veterano della guerra Iran-Iraq (1980-1988).
Di fatto, tutta la sua carriera si è svolta nel ministero dell’Intelligence e in magistratura, e dal 2007 è anche membro del Consiglio dell’interesse nazionale incaricato di dirimere le dispute tra Parlamento e Consiglio dei Guardiani.
Ejei è stato alle dipendenze del ministero dell’Intelligence dal 1984 al 1985 e quindi negli anni più bui della Repubblica islamica quando migliaia di oppositori, principalmente della sinistra islamica e laica, furono mandati sul patibolo senza processo. Ha svolto il ruolo di rappresentante della magistratura presso il ministero dell’Intelligence (1985-1987). È stato procuratore generale del Tribunale speciale per il Clero a Teheran dal 1995 al 1997, negli anni in cui decine di intellettuali iraniani furono rapiti e uccisi barbaramente. Tra questi, i coniugi Forouhar, accoltellati nella loro abitazione.
NEL RUOLO DI CAPO dell’Unità di investigazione dei Crimini dei Dipendenti governativi (1998-2002) Ejei si era occupato del processo di Gholam Hossein Karbaschi, il sindaco di Teheran considerato troppo vicino al presidente riformatore Khatami e per questo finito in carcere con l’accusa di corruzione.
Ejei è stato procuratore generale del Tribunale Speciale per il Clero (dal 16 dicembre 1998 al 2005) e ministro dell’Intelligence nel primo mandato del presidente Ahmadinejad (dal 24 agosto 2005 al 25 luglio 2009), quando non aveva perso occasione per dare la caccia ad attivisti e giornalisti, accusati di voler mettere in atto una rivoluzione di velluto e per questo costretti, sotto tortura, a rilasciare confessioni circa le loro attività. In seguito alle denunce di torture e abusi sessuali, nonché a quattro morti nel centro di detenzione di Kahrizak nel 2009, Ejei e Raisi erano stati nominati a capo di un comitato incaricato di investigare la questione ma erano riusciti a insabbiare ogni cosa.
NONOSTANTE LO ZELO, Ejei era stato licenziato dal presidente Ahmadinejad due mesi prima dello scadere del termine e in quella occasione l’Ayatollah Sadeq Larijani, a quel tempo a capo della magistratura, lo aveva cooptato come procuratore generale (dal 25 agosto 2009 al 23 agosto 2014). Pesantemente coinvolto nella repressione del movimento verde d’opposizione, nel 2010 sia il Tesoro statunitense sia l’Unione Europea avevano inserito Ejei nelle loro blacklist e lo avevano quindi messo sotto sanzioni. Il 23 agosto 2014 l’Ayatollah Larijani lo aveva nominato numero due della magistratura e, al tempo stesso, suo portavoce.
A PROPOSITO DEGLI ORRORI della magistratura iraniana, I diari dal carcere (pp. 148, 16€) di Sepideh Gholian rappresentano per i lettori di lingua italiana una testimonianza preziosa di quello che succede nelle prigioni della Repubblica islamica. Giornalista, Sepideh era stata arrestata nel novembre 2018 mentre intervistava i lavoratori in sciopero in una raffineria di zucchero nella regione meridionale del Khuzestan. Nella traduzione dal persiano di Fabrizio Foschini, i diari sono stati pubblicati dall’editore friulano Gaspari per iniziativa dell’associazione “Librerie in Comune” di Udine e del festival vicino/lontano con il patrocinio di Amnesty International Italia. Il progetto e stato sostenuto da una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Ideaginger.it e il ricavato della vendita del libro e destinato a coprire le spese legali di Sepideh Gholian.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento