Nel centenario della nascita di Loriot il regista Peter Geyer ha proposto nell’ ultima edizione della Berlinale un omaggio all’autore e comico tedesco con «Loriots große Trickfilmrevue» (Loriot’s Great Cartoon Revue). Un assemblaggio di 31 delle sue animazioni più amate, originariamente realizzate per la televisione tra il 1967 e il 1993, ridisegnate, alcune per la prima volta a colori, e trasferite in formato cinematografico. Ma chi è Loriot? Il vero nome di questo artista amatissimo dai tedeschi, considerato patrimonio nazionale, fu Bernhard-Viktor Christoph-Carl von Bülow (1923-2011): ha creato sketches animati e non per la televisione, spesso nella stessa «tranche», interpretando quasi sempre il ruolo principale.

Nel 1988 Loriot gira per il cinema il film «Ödipussi», storia di un nevrotico cinquantaseienne (Loriot) che gestisce l’azienda di mobili di famiglia ma è ancora single e portatore insano di un rapporto morboso con la madre. La critica continua a preferire lo slapstick dei suoi sketches televisivi, riconoscendo, tuttavia, il suo marchio di fabbrica, l’ironia profonda insita nelle assurde situazioni di vita quotidiana. In una intervista alla rivista «Der Spiegel» Loriot una volta disse: «Quello che trovo divertente è la comunicazione surreale che spesso si viene a creare tra gli esseri umani»; coppie, famiglie, non c’è scampo allo sguardo acuto di Loriot che rivela ai tedeschi loro stessi, il rapporto con norme e convenzioni sociali, materiale che già ben si dispone ad una rappresentazione kafkiana. Del 1991 è invece il film «Pappa Ante Portas», un gioco di parole tra «Hannibal ante portas!» e «Pappa», un modo per dire «papà» (Papa) in tedesco, e anche qui ritroviamo gags e situazioni domestiche portate quasi all’inverosimile. Ma perché la comicità tedesca non sempre trafigge il cuore dello straniero, in questo caso quello di chi scrive? La familiarità limitata con i codici, probabilmente. Equivoci, inciampi, contrattempi nel milieu borghese comprensibile al meglio se si è avvezzi al contesto di riferimento.

Un umorismo mai greve, fisicamente un po’ imbrigliato, con effetti comici improvvisi e in apparenza contenuti. I dialoghi sembrano viaggiare in un nonsense forbito e senza via d’uscita ma a differenza di un Conte Mascetti la goliardia è solo nel paradosso di uno scambio razionale e logico portato all’eccesso, senza parole inventate e deliranti. La non universalità del comico, qualora esistesse, è un limite alla comicità stessa? Gli unici a salvarsi sono i mostri del muto? In uno dei migliori sketches non animati Loriot e famiglia preparano un video di ringraziamento per la zia americana che ha inviato loro per regalo un pianoforte. Si ride, e questo è un fatto.