La Corte costituzionale albanese ha dato ieri il via libera al protocollo Roma-Tirana per la costruzione di centri di trattenimento per migranti al di là dell’Adriatico. La decisione è arrivata alla terza udienza, non è stata presa all’unanimità (la composizione è di nove membri: tre nominati dalla Corte suprema, tre dal presidente, tre dal parlamento). Respinto dunque il ricorso presentato dall’opposizione di centro-destra del Partito democratico di Sali Berisha. Le principali obiezioni sollevate erano di natura procedurale: nonostante l’accordo coinvolga un altro Stato il 6 novembre scorso ad apporre la firma insieme alla premier italiana Giorgia Meloni c’era il primo ministro albanese Edi Rama, e non il presidente della Repubblica Bajram Begaj.

I giudici, però, hanno ritenuto corretto l’iter intergovernativo del provvedimento, perché non lo considerano un accordo internazionale dal momento che non altera il territorio e si inserisce nel quadro giuridico stabilito dal trattato di amicizia e cooperazione tra la Repubblica d’Albania e la Repubblica italiana del 1995. Inoltre, afferma la Corte, non crea nuovi diritti costituzionali, né li restringe. Per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo, infatti, fanno da garanzia le convezioni internazionali firmate sia dall’Albania che dall’Italia. Adesso la palla passa al parlamento.

Esulta la maggioranza italiana guidata da Meloni, con Fratelli d’Italia in testa. «Così svaniscono definitivamente le speranze delle sinistre di vedere fallire l’intesa», afferma il capogruppo di FdI alla Camera. Qui il ddl di ratifica è già stato approvato, in attesa del voto definitivo del Senato. Il risultato è scontato. Bisognerà però vedere se saranno superati i tanti ostacoli operativi e giuridici che ancora permangono.