Internazionale

Intervento militare in Venezuela, il gruppo di Lima esita e Guaidó si adegua

Intervento militare in Venezuela, il gruppo di Lima esita e Guaidó si adeguaUrena, nei pressi del confine Colombia-Venezuela, rimasto sigillato anche ieri – Afp

Passo indietro a Bogotà La «richiesta formale» del leader della destra s’infrange sui distinguo dei paesi coalizzati contro Maduro. Gli Usa insistono: «Noi non staremo a guardare»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 26 febbraio 2019

I«I giorni di Maduro sono contati», ha detto il segretario di stato Usa Mike Pompeo alla Cnn, garantendo che gli Stati uniti non staranno a guardare e «agiranno». Ed è comprensibile che a Washington fremano. Il 23 febbraio – quello che doveva essere il giorno dell’Apocalisse – è passato e il «tiranno ripugnante», come lo ha definito Pompeo, è ancora al suo posto. E rischia pure di restarci a lungo, se, come è assai probabile, la strategia Usa dovesse limitarsi allo strangolamento economico attraverso le sanzioni.

PER QUESTO JUAN GUAIDÓ, che di aspettare non può più permettersi – soprattutto dopo aver lasciato il paese disobbedendo all’ordine del Tribunale supremo di giustizia – si è spinto a invocare l’intervento militare. Quanto accaduto alla frontiera, ha detto, «mi ha obbligato a prendere una decisione: proporre in modo formale alla comunità internazionale di mantenere tutte le opzioni disponibili per liberare questo paese, che lotta e continuerà a lottare». Salvo poi – durante il vertice dei ministri degli Esteri del gruppo di Lima svoltosi ieri a Bogotà alla presenza del vicepresidente Usa Mike Pence – dover fare un passo indietro dinanzi ai tanti distinguo sull’uso della forza, come quello espresso dal viceministro degli Esteri peruviano Hugo de Zela Martínez: il ricorso alle armi «non è una soluzione», ha dichiarato, invitando tuttavia ad aumentare le misure di pressione su Maduro.

Cosicché Guaidò si è dovuto adeguare. «Non c’è un dilemma tra la guerra e la pace» perché è la pace che deve «prevalere», ha detto, incassando l’appoggio di Donald Trump: «Siamo con voi al 100 per cento».

CONTRARIA A OGNI IPOTESI di intervento militare resta anche l’Unione europea, come ha ribadito la rappresentante della Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza Maja Kocijancic, sottolineando la necessità di «una soluzione pacifica, politica e democratica» alla crisi. E a Guaidó aveva risposto direttamente pure il ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrell, spiegando che le opzioni non sono affatto «tutte disponibili». «Abbiamo detto chiaro – ha detto – che condanneremmo in maniera ferma qualsiasi intervento militare straniero».

DI UN ERRORE DI VALUTAZIONE da parte di Washington ha parlato esplicitamente il Wall Street Journal, evidenziando come gli Usa non si aspettassero tanta capacità di resistenza da parte del governo bolivariano. Dopo aver giocato la carta del governo parallelo e chiamato a raccolta i paesi subalterni dell’America latina, erano convinti che i militari avrebbero ceduto a minacce e lusinghe, facendo crollare il governo come un castello di carte.

MA L’UNIONE CIVICO-MILITARE su cui si sostiene la rivoluzione bolivariana sembra ancora salda: anche dando per buone le 120 diserzioni di ufficiali, sottufficiali e soldati venezuelani di cui ha parlato la vicepresidente colombiana Marta Lucía Ramírez, è chiaro che si tratta di una cifra irrisoria rispetto ai 130mila membri della Forza armata bolivariana rimasti fedeli a Maduro. Colpisce semmai l’assoluzione dei militari da parte della vicepresidente: «È ormai evidente – ha detto – che i militari venezuelani hanno capito qual è la realtà, perché non hanno commesso tutti questi abusi che abbiamo visto il 23 febbraio. Lo hanno fatto i colectivos», gruppi armati irregolari che l’opposizione riconduce al chavismo.

 

Sul ponte Bolivar al confine tra Colombia e Venezuela (Afp)

 

AL CONTRARIO, per il governo bolivariano – che ha duramente contestato, anche attraverso dei video, la ricostruzione mediatica degli scontri avvenuti sabato alla frontiera con il Brasile e con la Colombia – sono state bande criminali legate all’opposizione a provocare gli atti di violenza.
Particolarmente eclatante è stato il caso dei camion carichi di aiuti (uno dei quali conteneva peraltro materiali impiegati dalle guarimbas come cavi e maschere antigas) a cui, stando alla propaganda di destra, avrebbe dato fuoco la Guardia nazionale bolivariana. In realtà, come emerge dai video diffusi dal ministro di Comunicazione e informazione venezuelano Jorge Rodríguez, l’incendio dei due veicoli è avvenuto sul lato colombiano della frontiera, a diversi metri di distanza dai membri della Gnb, provocato dal lancio di bombe molotov lanciate sotto lo sguardo complice dell’esercito colombiano.

PROPRIO PER L’ATTEGGIAMENTO del governo Duque, Maduro ha annunciato sabato la rottura totale delle relazioni con la Colombia. «La pazienza si è esaurita – ha detto -, non possiamo continuare a sopportare che il territorio colombiano venga usato per aggredirci».

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