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Le molte ragioni dei prof meridionali

Le molte ragioni dei prof meridionaliInsegnanti

Cattedre nomadi Ma questo è solo un anno di passaggio, dicono i fedelissimi della «Buona scuola», poi saranno i dirigenti scolastici a scegliere i docenti. Uno dei contestati punti della legge 107 che sarà sottoposto a referendum

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 14 agosto 2016

Ma che sarà mai? Lasciare, peraltro non in giovane età, casa, famiglia, figli, magari genitori anziani da accudire per andare al nord. Dove non sempre si è benvenuti. E dove non sarà facile sbarcare il lunario con uno stipendio che al giorno d’oggi può bastare solo se c’è una rete di protezione familiare. Quel welfare privato, di nonni, zii, amici che aiuta a sopravvivere. Eh sì, perché tra l’altro gli stipendi degli insegnanti sono fermi da più di otto anni. Che ne sanno di questa fatica e di questo dolore, ministri e opinion makers?

Quel che colpisce di più sono i commenti stupiti, da «ma come siamo il primo governo che ha dato il posto a novantamila docenti e questi si lamentano?», al fastidio della ministra Giannini, «lo ha deciso l’algoritmo, se ci sono errori ripareremo». Ma scusate, quando? E che errori e casualità ci siano lo dimostra la situazione completamente rovesciata per la scuola superiore.

Ai commenti di illustri studiosi che «i numeri sono quelli e poche storie». E «sempre bravi gli insegnanti del sud a prendersela col governo». «Vadano dove ci sono i posti. Masanielli e viziati pure».

Eppure ci sarebbe qualcosa da ricordare.

1. Il governo Prodi (2006) immise in ruolo 75.000 insegnanti nel 2007/2008, forse troppo silenziosamente, e altrettanti ne avrebbe immessi l’anno successivo, eliminando, a conclusione del piano stesso, le graduatorie permanenti, al momento trasformate in graduatorie a esaurimento.

2. Caduto il governo Prodi e con Gelmini nuova ministra dell’istruzione quel progetto fu immediatamente accantonato. Anzi, cominciò una pesantissima politica di tagli (8 miliardi e mezzo in pochi anni) e di riduzione del numero dei docenti. Nel quinquennio furono cancellati e mai più recuperati ben 84.000 posti di insegnante, la maggior parte al sud. Posti mai restituiti neppure in parte. Tutto quello che si muove, vedi gli ultimi concorsi, coprirà solo il turn-over.

3. Nel riparto degli organici, i posti che sono stati assegnati nel tempo alle varie regioni, operazione che passa anche alla Conferenza delle regioni per un parere, sono sempre state privilegiate le regioni del nord. Eppure il fenomeno delle classi dette, con una brutta immagine, «classi pollaio» è tipico del sud. Classi che non si possono sdoppiare perché non sempre alle regioni del sud vengono assegnati i docenti che servirebbero. Un altro algoritmo che si è tentato inutilmente di modificare in quella sede.

4. Qualcuno invita a non parlare di deportazione. È una immagine brutta certo, ma sottolinea l’obbligo e non la scelta, in una fase più complessa della propria vita, come ci raccontano le storie di cui leggiamo in questi giorni. Gli insegnanti del sud al nord ci sono andati sempre. Alcuni perché hanno deciso di studiare lì. Altri perché hanno scelto di iniziare o di continuare lì la propria carriera e molti ci sono felicemente rimasti.

5. Infine c’è qualcuno tra i fedelissimi della «Buona scuola» che prova a calmare gli animi, dicendo che questo è solo un anno di passaggio, poi saranno i dirigenti scolastici a scegliere gli insegnanti. Che non mi sembra la soluzione di nessuno dei problemi della scuola. Anzi.

Perché è proprio questa pratica, lesiva di diritti e libertà come denuncia proprio in queste ore la Cgil, che rivela la natura autoritaria, burocratica e verticistica di questa legge. Che gerarchizza la scuola, e divide per governare. Al contrario, ce lo dicono esperti di tutto il mondo, l’educazione funziona se c’è cooperazione tra tutti i soggetti della vita della scuola. E la stessa autonomia, per funzionare, ha bisogno non di gerarchie, appunto, ma del governo condiviso del sistema.

Sarà questo uno dei punti della legge 107 ad essere sottoposto a referendum. Teniamolo a mente!

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