È finito nel Cpr di Ponte Galeria Bensouibat Seif, la notizia è stata comunicata ieri sera al suo avvocato che per tutto il giorno ha cercato di mettersi in contatto con lui. Si preparano a espellerlo.

Algerino, rifugiato politico in Italia dal 2013, per oltre nove anni ha lavorato in un liceo privato di Roma, l’esclusivo Chateaubriand, come educatore. Poi dopo il 7 ottobre e la reazione di Israele a Gaza, gli sono usciti dalle dita dei commenti pesantissimi e rabbiosi alle immagini delle devastazioni a Gaza. Tutti su una chat privata, non un social, ma la notizia è ugualmente arrivata agli organi amministrativi del liceo francese e per Seif è stato l’inizio di un incubo.

A gennaio la sua abitazione è stata perquisita. È incensurato, privo di carichi pendenti, la sua è una colpa di opinione. Si è aperta la procedura per revocargli il permesso di soggiorno, rapidamente è stato licenziato. E ieri l’epilogo. La commissione territoriale ha revocato il permesso, la Digos si è presentata a casa sua, lo hanno prelevato e, in serata, trasferito nel Cpr, uno dei peggiori d’Italia per le condizioni di reclusione.

L’Avvocato Flavio Rossi Albertini che ha letto il provvedimento racconta che «motiva la pericolosità attraverso una lettura comparata dei post con il pericolo del terrorismo religioso di matrice jihadista, con il fenomeno dei lupi solitari, della radicalizzazione solitaria. Evidentemente ritenendo che i moti di sdegno, anche scomposti, urlati e rabbiosi per quanto avviene in Palestina possano essere ricondotti all’Isis».

A febbraio il manifesto aveva pubblicato una lettera di Alessandro Bergonzoni, Giuseppe De Cristofaro e Luigi Manconi in cui si rendeva pubblica la storia di Seif. «Le opinioni, anche le più lontane dalle nostre, quando restano opinioni, tanto più come in questo caso espresse in forma privata, non debbano costituire un fattore di criminalizzazione», scrivevano. Ma ieri la situazione di Seif è ulteriormente peggiorata e così De Cristofaro, senatore di Avs e presidente del gruppo misto, ha depositato un’interrogazione urgente al ministro dell’interno e a quello della giustizia, per chiedere «se non ritengano il provvedimento del tutto abnorme rispetto ai fatti contestati e in violazione del diritto fondamentale alla libertà di manifestazione del pensiero dell’uomo».

La pensa così anche Luigi Manconi, ex presidente della Commissione parlamentare per la tutela dei diritti umani. «È una decisione inaudita. Seif ha vissuto oltre dieci anni in Italia, rispettando sempre le leggi e integrandosi nel nostro sistema di relazioni sociali – dichiara -. Adesso viene espulso dall’Italia per aver inneggiato ad Hamas. Il suo è al più un reato di opinione, che ricorre ad affermazioni per me totalmente inaccettabili ma che sono una manifestazione, sia pure estrema, della libertà di espressione, costituzionalmente garantita».

A questo punto l’avvocato Rossi Albertini chiederà la revoca del provvedimento della commissione territoriale, così che a Seif venga restituito il diritto di restare in Italia e innanzitutto di tornare a casa, a Roma. Ma da ieri sera la sua casa è il Cpr di Ponte Galeria. Per una chat.