Algeria, appello al boicottaggio. Ma regna l’indifferenza
Presidenziali in Algeria Il risultato è scontato, nessuno mette in dubbio la rielezione del presidente Abdelmajid Tebboune e i due candidati sopravvissuti ai procedimenti burocratici forniscono credibilità alle elezioni sui due fronti: quello islamista con Abdelali Hassani del Mps e quello laico-democratico con Youcef Aouchiche del Ffs
Presidenziali in Algeria Il risultato è scontato, nessuno mette in dubbio la rielezione del presidente Abdelmajid Tebboune e i due candidati sopravvissuti ai procedimenti burocratici forniscono credibilità alle elezioni sui due fronti: quello islamista con Abdelali Hassani del Mps e quello laico-democratico con Youcef Aouchiche del Ffs
La campagna per le presidenziali è stata caratterizzate dall’indifferenza. Iniziata il 15 agosto – in un’estate torrida – non poteva certo suscitare entusiasmi. Ne ha sicuramente suscitati di più la medaglia d’oro ottenuta alle Olimpiadi di Parigi dalla boxeuse Imane Khelif.
Dei sedici candidati iniziali ne sono rimasti tre, escluse, tra gli altri, le due donne: Zoubida Assoul, presidente dell’Unione per il cambiamento e il progresso e avvocata impegnata nella difesa dei detenuti politici, e Louisa Hanoune segretaria generale del Partito dei lavoratori.
Il risultato è scontato, nessuno mette in dubbio la rielezione del presidente Abdelmajid Tebboune e i due candidati sopravvissuti ai procedimenti burocratici forniscono credibilità alle elezioni sui due fronti: quello islamista con Abdelali Hassani del Mps e quello laico-democratico con Youcef Aouchiche del Ffs, un partito storico che ha la sua roccaforte in Kabilya e che per decenni ha boicottato le elezioni. Motivo di questa scelta probabilmente la necessità di avere spazio per una agibilità politica. Spazi sempre più ristretti e negati dal presidente Tebboune, il quale si presenta come indipendente pur essendo sostenuto ufficialmente da Fln e Rnd, i partiti al potere. Il sostegno che invece esibisce è quello dei militari, sempre artefici delle scelte politiche.
L’unica incognita è quella dell’affluenza dopo il minimo storico raggiunto nelle scorse presidenziali del 39 per cento, questo il dato ufficiale, difficile da dimostrare visto che in Kabilya si aggirava sullo 0. Ora a spronare al voto è il candidato del Ffs che verificherà quale è ancora la sua influenza sui berberi, che era diminuita a favore del Raggruppamento per la cultura e la democrazia (Rcd), nato da una scissione del Ffs e che ora boicotta le elezioni. Anche diverse ong hanno lanciato un appello al boicottaggio ma senza grande eco, un po’ dovuto all’indifferenza ma anche alla repressione dei giornalisti che ha privato la stampa indipendente delle menti più brillanti. L’ex-direttore di El Watan si è ritirato in Kabilya, quello di El Khabar esprime il suo impegno politico attraverso una galleria d’arte!
L’indifferenza è dovuta probabilmente alla sconfitta introiettata dopo la fine dell’Hirak, il movimento per «un’Algeria libera e democratica», che dal 2019 aveva portato in tutte le piazze milioni di algerini, senza distinzione si sesso, età, classe sociale. Manifestazioni pacifiche passate alla storia come la «rivoluzione del sorriso». Ma la responsabilità di fronte al Covid aveva indotto gli organizzatori a interrompere la protesta: «L’Hirak è un’idea e un’idea non muore. Ma le persone che noi perdiamo non ritornano». Quello che non ha fatto il Covid l’ha fatto Tebboune, che dopo aver menzionato l’«Hirak benedetto» lo ha decapitato dei principali esponenti.
Il presidente ha potuto godere di condizioni favorevoli sul piano economico provocate dalla guerra Russia-Ucraina che ha fatto dell’Algeria il sostituto di Mosca nella fornitura di idrocarburi – soprattutto all’Italia, il 40 per cento del fabbisogno – con un incremento delle entrate del 70 per cento (da 35 miliardi di dollari nel 2021 a 60 miliardi nel 2022). Poco importa se Tebboune e un partner fedele di Putin, che tra l’altro lo rifornisce di armi, e che Gazprom partecipa all’estrazione degli idrocarburi. Il problema è che il prezzo degli idrocarburi non è garantito a lungo termine e che l’Algeria dipende da queste risorse per il 19 per cento del Pil e il 95 per cento delle esportazioni. Inoltre, la dipendenza dalle importazioni dei beni di prima necessità, compresi quelli alimentari, è un problema non solo finanziario. Per questo nel progetto di «nuova Algeria» di Tebboune rientra anche il rilancio dell’agricoltura, favorendo anche investimenti stranieri. Un esempio è quello del progetto agricolo firmato dalle Bonifiche ferraresi con il governo algerino per la concessione di 36.000 ettari per la coltivazione di grano e legumi nella zona di Timimoun, finora nota soprattutto per le splendide dune color giallo intenso. Progetto rilanciato in pompa magna da Giorgia Meloni come frutto del piano Mattei, ma che in realtà ha dimostrato la vacuità del piano che ha l’unico ruolo di mettere in contatto governi con imprese private italiane. Comunque, un progetto agricolo rientra perfettamente nel progetto di «nuova Algeria» di Tebboune e a Enrico Mattei è stato dedicato un giardino a Hydra, sulle colline della capitale algerina. Poco importa se i valori a cui richiama la lapide di Mattei non abbiano niente a che vedere con quelli di Meloni. Paradossalmente la premier italiana è apprezzata dal popolo della strada non per meriti particolari ma per la faccia che fa quando incontra Macron, l’immagine compare subito su tutti i social e purché sia contro il presidente francese….
Non solo grano e legumi, gli algerini tornano a sognare di esportare vino come al tempo dei francesi quando il paese era il primo produttore mondiale, peccato che in Algeria è sempre più difficile gustare l’ottimo vino locale (pochi ristoranti hanno l’autorizzazione).
Restano i problemi sociali in parte tamponati dalla disponibilità di risorse con interventi (su salari, pensioni, disoccupazione) gonfiati in campagna elettorale. L’Algeria con una crescita del 4 per cento è la terza economia del continente africano. Pesa però su questi dati l’inflazione che per ora è intorno al 7 per cento ma potrebbe aumentare anche a causa del doppio cambio: quello ufficiale (1 euro equivale a 144 dinari), quello parallelo invece cambia un euro con 220 dinari. E questo ostacola misure efficaci nel fisco e nell’economia.
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