Internazionale

Algeria, «elezioni farsa e repressione del dissenso»

Algeria, «elezioni farsa e repressione del dissenso»Algeri, i poster dei tre candidati (Tebboune al centro) – Fateh Guidoum/Ap

Presidenziali Intervista a Said Sahli, vicepresidente della Lega Algerina per i diritti umani, fuggito in Belgio. Oggi 24 milioni di algerini al voto

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 7 settembre 2024

Oggi 24 milioni di algerini sono chiamati ad eleggere il Presidente della Repubblica. Solo 3 candidati – su 16 pretendenti – hanno superato il complesso iter di validazione per la candidatura: il presidente in carica Abdelmajid Tebboune, Abdelali Hassani Chérif, presidente del partito islamista Movimento della società per la pace (Msp) e Youcef Aouchiche, segretario del Fronte delle Forze Socialiste (Ffs).

Secondo numerosi analisti queste elezioni sono l’ennesima «mascherata» del regime e vedranno quasi certamente riconfermato il presidente uscente, Abdelmajid Tebboune, sostenuto dai partiti politici di governo (Fronte di Liberazione Nazionale (Fln) e Raggruppamento Nazionale Democratico (Rnd), ma soprattutto dall’esercito e dalle istituzioni algerine che preservano il mantenimento dello status quo. Nessuno in Algeria crede che i due outsider possano suscitare la minima sorpresa o addirittura ridurre l’astensione. La loro presenza permette al regime di rivendicare una forma sommaria di “rappresentanza” delle correnti politiche presenti nel paese, visto che nelle passate elezioni del 2019 il vero vincitore fu l’astensionismo con meno del 40% di elettori. Per parlare delle presidenziali, il manifesto ha intervistato Said Sahli, vicepresidente della Lega Algerina per i diritti umani (Laddh) – Ong nata oltre 30 anni fa e sciolta dal regime nel gennaio 2023 – fuggito in Belgio, a causa della dura repressione nel paese.

Come giudica il primo mandato presidenziale dell’era di Abdelmadjid Tebboune?
Sotto la guida di Tebboune, l’Algeria, ha vissuto uno dei peggiori periodi di repressione e di limitazione delle libertà di protesta e di espressione. Lo scorso dicembre, dopo una visita ad Algeri, Mary Lawlor, relatrice delle Nazioni unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani, ha espresso forti «perplessità riguardo alla limitazione della libertà di espressione e alla dura repressione» che ha portato allo scioglimento della nostra Ong, la Laddh, e il Rassemblement Actions Jeunesse (Raj), oltre alla continua incarcerazione di attivisti e giornalisti – il caso più noto è quello di Ihsane El Kadi direttore di Radio M e del sito d’informazione indipendente Maghreb Émergent – come recentemente denunciato anche dal Comitato nazionale per la liberazione dei prigionieri (Cnld), con oltre 225 detenuti di opinione attualmente in carcere.

Stabilità, sicurezza, gioventù… Quale il bilancio dalla sua ascesa al potere?
Il bilancio è totalmente deficitario, con un paese nel caos. Da un punto di visto economico la situazione si è aggravata: l’inflazione è diventata insostenibile, gli stipendi sono bassi, la disoccupazione in alcune aree è al di sopra del 40% e i nostri giovani sognano di scappare dall’Algeria. Anche la sicurezza del paese è notevolmente peggiorata con tutti i nostri confini a rischio: quello con il Marocco vicino al conflitto nel Sahara occidentale, quello con la Libia con frequenti scontri tra i due governi e quello con il Mali con bombardamenti di civili Tuareg in territorio algerino. In questi anni l’Algeria ha perso il proprio potere di influenza a livello regionale ed internazionale.

È ancora possibile ascoltare le voci discordanti dell’Hirak, il movimento pacifico di protesta popolare che chiede una nuova Algeria?
Il governo afferma che l’Hirak è morto, ma i continui arresti di attivisti, giornalisti e politici dell’opposizione confermano che il movimento è ancora vivo ed il paese aspira ad un cambiamento. La nostra preoccupazione riguarda il fatto che in questi anni il regime ha completamento cancellato associazioni, partiti e attivisti della società civile in grado di “mediare” le richieste della piazza. Dopo anni di crisi economica e sociale, i nostri giovani non hanno più niente da perdere e il potere è rimasto solo davanti alla “strada”, con esiti e scenari che potrebbero essere diversi dall’Hirak e forse anche violenti.

Quali sono le previsioni per le elezioni presidenziali con 3 candidati in corsa e molti partiti che chiedono il boicottaggio?
Mai una campagna elettorale presidenziale è stata segnata da una repressione così implacabile, con l’arresto di esponenti delle opposizioni anche in questo periodo, come nel caso di Atmane Mazouz, presidente del Raggruppamento per la cultura e la democrazia (Rcd) o di Fethi Ghares, presidente del Movimento democratico e sociale (Mds). Trattenuti perché favorevoli al boicottaggio e dichiaratamente contro il regime. L’esito di queste elezioni è già stato scritto, con un attore principale che ha scelto le due “comparse” per queste presidenziali. Senza alcun dubbio Tebboune verrà riconfermato per un altro mandato, mentre Abdelali Hassani Chérif e Youcef Aouchiche sono stati utili per dare maggiore legittimità al voto, cercando di coinvolgere il campo islamista e quello nazionalista per contrastare l’astensionismo. Gli altri partiti delle opposizioni hanno mantenuto la loro coerenza e credibilità con il boicottaggio, ma questa, per il momento, è la loro unica maniera di manifestare il loro dissenso, visto che sono stati privati della possibilità di manifestare e protestare apertamente contro questo regime.

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