Il semestre di presidenza di turno ungherese del Consiglio dell’Ue è appena iniziato e ha subito dato spunti di irritazione ai vertici di Bruxelles. I temi sono quelli della guerra in Ucraina e dei rapporti tra Orbán e Putin. Ci arriviamo presto. Nell’attesa sarà utile far presente che il semestre è stato presentato dal ministro ungherese degli Affari Europei, János Bóka con un’evidenziazione: quella secondo la quale gli stati membri dell’Unione sono più forti se lavorano insieme per lo stesso obiettivo. Dal canto suo, Orbán ha assicurato che la priorità di Budapest, in questo periodo che durerà fino alla fine di dicembre, è garantire la continuità dei lavori del consiglio e, appunto, promuovere un dialogo costruttivo tra i paesi membri.

Certo, l’Ungheria di oggi rappresenta un po’ una spina nel fianco dell’Ue per diversi motivi: centrale, è a questo proposito, la questione dello Stato di diritto che secondo Bruxelles è violato dalle politiche intraprese dal governo del Fidesz in diversi campi. L’interlocuzione tra le parti non è certo serena, e questo lo sappiamo.

Ciò detto, va precisato che gli argomenti principali su cui l’Ungheria dovrà confrontarsi con gli altri attori saranno la sicurezza in Europa, l’immigrazione clandestina, i cambiamenti climatici, la drammatica crisi israelo-palestinese e naturalmente la guerra in Ucraina. Quest’ultimo è lo spunto di attualità dal quale abbiamo cominciato. Trattando di Kiev, Bóka ha trovato il modo di chiarire che il governo di cui è esponente non sembra avere molta voglia di sostenere e velocizzare il processo di adesione dell’Ucraina all’Ue preferendo agevolare quello dei paesi dei Balcani occidentali. In visita ufficiale a Sarajevo lo scorso aprile, Viktor Orbán aveva ribadito questo impegno da parte di Budapest e affermato che a suo giudizio l’Unione ha bisogno dei Balcani occidentali per ridare impulso alla sua economia e proteggere l’Ue dai flussi migratori illegali.

Sarà anche utile aggiungere che questo semestre è, per il governo Orbán, anche una carta importante da giocare per rinsaldare il consenso interno, soprattutto ora, data la sfida lanciata dal nuovo partito Tisza di Péter Magyar che è cresciuto in poco tempo, ha ottenuto buoni risultati alle europee e mostra di avere ulteriori margini di crescita.

L’Ue è per Orbán un territorio di azione che di recente ha visto il premier danubiano annunciare da Vienna la creazione di un’alleanza di estrema destra che i suoi promotori vogliono diventi un gruppo nell’Europarlamento. Tra i fondatori di “Patrioti d’Europa” ci sono l’austriaco Herbert Kickl, leader dell’FPO e il ceco Andrej Babiš, ex primo ministro e leader del partito Ano. L’obiettivo dell’alleanza è porre fine al progetto di un’Ue liberale e coinvolgere altri partiti di destra che, uniti, ridarebbero un futuro all’Europa. Nell’alleanza potrebbe entrare lo Smer-Sd di Robert Fico che si richiama alla socialdemocrazia ma ha una certa dimestichezza nel dialogo con le formazioni politiche nazionaliste. I polacchi del PiS, invece, che in un primo tempo parevano interessati a questo nuovo soggetto, sembra che intendano restare nel gruppo ECR.

Ma torniamo alle questioni riguardanti Kiev: la visita che Orbán ha reso a Mosca ha irritato parecchio vertici e leader dell’Ue. Il premier danubiano si sarebbe recato in Russia per parlare della guerra in Ucraina con Vladimir Putin. La sua visita è arrivata due giorni dopo quella svolta a Kiev, la prima di Orbán in Ucraina dall’inizio della guerra. In essa il nostro ha invitato il presidente Volodymyr Zelens’kyj ad accettare un cessate il fuoco per giungere ad una soluzione definitiva del conflitto.

Alle critiche piovute per la visita a Mosca, Orbán ha risposto che “Non si può aspirare alla pace stando comodamente seduti in poltrona a Bruxelles e aspettare che la guerra finisca per miracolo”. Così ha difeso quella che ha definito “missione di pace”. Insomma, il semestre ungherese è iniziato “alla grande”.