Economia

Inflazione, l’insostenibile inconsistenza del bonus 200 euro

Inflazione, l’insostenibile inconsistenza del bonus 200 euroL'inflazione – Getty images

Il caso Una goccia nel mare dell'emergenza salariale in Italia. 31,7 Milioni di lavoratori dipendenti, autonomi, disoccupati; 13,7 milioni di pensionati entro i 35 mila euro lordi riceveranno il bonus 200 euro una tantum a luglio. +6% è l’inflazione annua in Italia secondo l’Istat. Per una famiglia media c’è in vista una stangata di 1701 euro annui: 8 volte e mezzo di più il bonus 200 euro

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 18 maggio 2022

L’Istat ha confermato ieri che l’inflazione annua in Italia si sarebbe attestata a un record del +6%, in calo ad aprile rispetto a una stima preliminare del +6,2%. Il rallentamento è l’effetto del contenimento dei prezzi dei prodotti energetici ottenuta dal governo attraverso il bonus energia (elettricità e gas) nel calcolo degli indici dei prezzi al consumo. Questi bonus hanno riguardato circa 5 milioni di famiglie, 3 per il bonus elettricità e 2 per il bonus gas. L’inflazione però è rilevata soprattutto nei servizi e nei trasporti, nell’acquisto dei beni elementari primari e lavorati. I prezzi del «carrello della spesa» sono aumentati del 5,7% nell’ultimo anno. Questo è il problema.

L’aumento dell’inflazione incide in un paese con i salari bloccati e con una forte perdita di potere d’acquisto. La dinamica è più accentuata che nel resto d’Europa dove, in virtù anche dei meccanismi di adeguamento del salario minimo come avviene in Francia per esempio, il tasso di inflazione è in media del 7,5% mentre i salari sono cresciuti del 3%, con una perdita media di potere d’acquisto pari al 4,5%. In un paese come il nostro senza una legge sul salario minimo, e in mancanza di un reddito di base incondizionato molto più esteso rispetto al cosiddetto «reddito di cittadinanza», questa situazione drammatica si aggiunge ai ricorrenti ritardi nei rinnovi dei contratti nazionali. Come ha rilevato l’economista Andrea Fumagalli in un commento sul sito «Effimera» se il rinnovo del contratto il trasporto pubblico fosse avvenuto alla scadenza, cioè 4 anni e mezzo fa, ciascun lavoratore avrebbe oggi 4860 euro in più, quasi dieci volte di più dell’una tantum da 500 euro per la vacanza contrattuale e i 90 euro lordi di aumento medio mensile ricevuti da poco.

Si può anche fare l’esempio del contratto della scuola, oltre un milione di lavoratori tra docenti e personale Ata, la parte più numerosa del pubblico impiego. La situazione è incredibile. Dopo il 2007 c’è stato un rinnovo: nel 2018 (!). Con grave ritardo è partita all’Aran la trattativa sul rinnovo per il triennio 2019/2021. E siamo a metà 2022. In questo caso la perdita salariale sarebbe almeno doppia, se non tripla, rispetto al trasporto pubblico. Le poche risorse residuali aggiuntive saranno attribuite in maniera discrezionale. C’è il caso del decreto legge 36 con il quale il governo intende modificare il reclutamento. Inoltre si prevede di agganciare l’aumento di una parte dello stipendio alla partecipazione a corsi di formazione, ipotesi che riguarderebbe il 40% degli interessati. Contro questa proposta si prepara il 30 maggio il secondo sciopero generale in cinque mesi indetto dai sindacati Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda.

L’inflazione sta aggiungendo perdita a perdita. I dati dell’Istat dimostrano che il bonus una tantum di 200 euro deciso dal governo per circa 31,7 milioni dipendenti, autonomi e disoccupati e 13,7 milioni di pensionati entro i 35 mila euro lordi di reddito è una goccia di 6,3 miliardi di euro nel mare dell’emergenza. «Per una famiglia media c’è in vista una stangata di 1701 euro annui: 8 volte e mezzo di più il bonus 200 euro. Una coppia con 2 figli avrà un contributo complessivo di 400 euro, l’inflazione – ha calcolato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – determina una stangata da 2118 euro su base annua, oltre 5 volte il bonus».

Il dibattito sull’inflazione e sulla spirale salari-prezzi non dovrebbe essere inteso solo come una controversia sugli euro in più o meno – sostiene l’economista Adam Tooze nella sua newletter «Chartbook» – ma come un dibattito sulla possibilità di modificare il potere sociale di classe nato dalle spirali inflazionistiche dei salari e dei prezzi degli anni Settanta. Oggi quelle condizioni sono cambiate. Per ora l’impennata dei profitti nella ripresa dopo le prime ondate del Covid, e la guerra russa in Ucraina, ha rinsaldato il forte squilibrio e le gerarchie esistenti.

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