È crisi globale: l’inflazione è in fiamme, record del lavoro precario
Vista dall'Italia Istat: inflazione a +6,7, mai così alta dal 1991. E Oltre 3 milioni di lavoratori sono senza tutele, è record dal 1977. In crisi l’ordine che ha beneficiato di tassi bassi, deflazione e paghe da fame. Visco (Bankitalia) parla di una «rottura del processo di integrazione economica e finanziaria»
L’occupazione precaria è aumentata in Italia e ha spinto il tasso di occupazione al record del 59,6%. Ormai chi lavora a breve e brevissimo termine è il 17% della forza lavoro occupata in Italia: 3,175 milioni di persone, la stima più alta dal 1977. E l’inflazione ha battuto tutti i record dal 1991. A marzo 2022 è aumentata per il nono mese consecutivo e ha raggiunto uno spettacolare +6,7% su base annua.
I DATI SONO stati pubblicati ieri dall’Istat e indicano una costante: il lavoro dipendente è strutturalmente precario. E poi c’è la tendenza: l’inflazione è fiammeggiante a causa dell’aumento dei costi delle materie prime già avvenuto a causa delle strozzature delle catene di approvvigionamento provocate dalla «ripresa» nel 2021 ed è peggiorata per l’impatto della guerra russa in Ucraina e anche in vista di un eventuale blocco della distribuzione del gas russo in Europa. Da fenomeno transitorio, così è stata intesa da più parti nel corso dell’ultimo anno, l’inflazione può dunque diventare l’orizzonte stabile nel quale si muoverà la nuova crisi del capitalismo globale.
L’ISTAT ha inoltre segnalato che i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono aumentati da +4,1% a +5,0%. Nella rielaborazione dei suoi dati Coldiretti ha specificato che la frutta è aumentata dell’8,1%, la verdura 17,8%, più di una azienda agricola su dieci è in una situazione cosi’ critica da portare alla cessazione dell’attività. Per l’Unione Nazionale Consumatori una famiglia con due figli potrebbe spendere 2.600 euro in più all’anno, comprensivi del caro-bollette. Dal punto di vista del potere di acquisto questa situazione comporterà un prevedibile ristagno dei salari, eredità del modello economico precedente, e un aumento dell’inflazione dovuta alle materie prime (e non ai salari come fu invece negli anni Settanta). Se l’occupazione resta precaria, con salari da fame e senza tutele universali e incondizionate, questo significa che aumenteranno a dismisura anche le disuguaglianze esistenti. Ieri i sindacati sono tornati a chiedere, fin’ora inascoltati, perlomeno un ripensamento dei precarizzati contratti di lavoro che sono un colabrodo. Misura minima per tornare a fare una politica dei salari e «rendere il lavoro stabile e di qualità» (Tania Scacchetti, Cgil); «Stabilità’ occupazionale, formazione, diritti e tutele» (Ivana Veronese, Uil); «Il problema sono le assunzioni di durata troppo breve dovute alla ripresa incerta che ora rischia di non riuscire a consolidarsi» (Luigi Sbarra, Cisl).
PER COMPRENDERE lo scenario in movimento, anche in Italia, è interessante il dibattito tra il giornalista del Financial Times Robert Armstrong con la sua newsletter Unhedged e Adam Tooze, storico dell’economia a Yale, con il suo blog Chartbook. Ciò che sta cambiando, dicono, è una certa idea della globalizzazione già travolta dalla crisi del 2007-8. Era il mondo di una certa egemonia neoliberale che ha beneficiato di tassi bassi, bassa inflazione e crescenti interdipendenze collegate dalle catene di valore «lunghe». L’ascesa della Cina prima, la crisi pandemica poi, oggi la sfida imperialistica di Putin e la guerra economica del fronte «occidentale»: sono alcuni degli avvenimenti che stanno «balcanizzando» il precedente ordine, anche finanziario, creando smottamenti geopolitici e un’ancora ignota e costosa transizione energetica che renderà ancora più incerta quella ecologica e accrescerà i costi umani e politici del capitalismo fossile. Senza contare che, con la chiusura dei rubinetti monetari delle banche centrali, gli Stati potrebbero tornare alle politiche di austerità. Un cocktail devastante.
È A TALI POSSIBILI conseguenze che può avere pensato ieri il governatore di Bankitalia Ignazio Visco: «L’invasione russa in Ucraina – ha detto – Oltre al dramma di lutti, violenze, distruzioni che reca con sé», può portare a una «rottura drammatica del processo di integrazione economica e finanziaria internazionale»
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