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Inferno Cpr, a Trapani rivolte e trasferimenti

Inferno Cpr, a Trapani rivolte e trasferimentiIl Cpr di Trapani

Sicilia La protesta contro i rimpatri e le condizioni di detenzione distrugge buona parte del centro di trattenimento per migranti. La struttura ha un’ambiguità giuridica: hotspot e detenzione. Il modello ha già fallito, ma il governo vuole esportarlo anche in Albania

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 26 gennaio 2024

La prefettura di Trapani sembrerebbe orientata a trasferire tutti i migranti presenti nel Cpr alla periferia della città siciliana. La struttura è stata resa in buona parte inagibile dalle fiamme di una rivolta esplosa lunedì dopo il rimpatrio di 29 cittadini tunisini.

Nel centro erano presenti poco meno di 150 persone. Un tetto sulla testa è rimasto solo per un quindicina di migranti, sudamericani e subsahariani. Gli altri, principalmente nordafricani, sono rimasti per due notti all’addiaccio, al freddo e con i vestiti bagnati: le forze dell’ordine avevano reagito con idranti e lacrimogeni. Una quarantina di trattenuti sono stati trasferiti ieri, non è chiaro se per un volo di rimpatrio o in direzione del Cpr di Caltanissetta. Nonostante ripetute sollecitazioni le autorità non rilasciano dichiarazioni.

LE UNICHE INFORMAZIONI disponibili restano quelle trapelate dalle persone detenute che sono riuscite a comunicare con l’esterno. La rivolta contro le espulsioni è stata covata dalle pessime condizioni del centro e dalle difficoltà ad accedere alle procedure ordinarie per la richiesta d’asilo.

I Cpr sono tornati di recente al centro dell’attenzione pubblica. Due inchieste, a Milano e Potenza, hanno confermato le denunce che migranti, associazioni e inchieste giornalistiche fanno da anni: abusi di psicofarmaci, violenze, mancanza di assistenza sanitaria, limitazioni delle possibilità di difesa sono la realtà quotidiana di questi buchi neri del diritto consegnati a enti gestori privati che hanno il solo scopo di fare profitti.

«ANCHE DA TRAPANI riceviamo continuamente segnalazioni dall’interno che denunciano violazioni dei diritti fondamentali. I cittadini tunisini, visto che il loro paese è ritenuto “sicuro” dal governo italiano, spesso non hanno la possibilità di accedere alle pratiche ordinarie per la protezione internazionale», afferma Yasmine Accardo, della rete Lasciatecientrare. «Nei mesi scorsi abbiamo notato che alcuni di loro non sono riusciti a nominare avvocati di fiducia. A questo si sommano le condizioni della struttura: bagni non funzionanti, cibo scadente, locali freddi. I Cpr vanno chiusi, sono un modello fallimentare. Invece il governo ha alzato a 18 mesi il massimo di detenzione», continua.

Le informazioni sono confermate dal report dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che a novembre scorso aveva visitato la struttura rilevando la carenza di vestiti, prodotti per l’igiene personale e acqua calda, oltre a difficoltà nell’accesso all’assistenza sanitaria e legale. Il garante dei detenuti siciliano, Santi Consolo, in una visita del settembre 2023 aveva addirittura riscontrato la presenza di «immigrati con disabilità mentali evidenti, alcune dovute a segni di gravi traumi al capo», descrivendo una struttura in cui letti, tavoli, sanitari, bagni e docce sono tutti realizzati in cemento armato.

IL CENTRO di Trapani ha un’ambiguità giuridica perché in parte è destinato alle funzioni di hotspot – per l’identificazione dopo lo sbarco dei tunisini che arrivano a Pantelleria – in parte alla detenzione in attesa del rimpatrio. «Le condizioni del Cpr non sono degne di un paese civile», attacca il segretario confederale della Cgil Sicilia Francesco Lucchesi che chiede l’intervento delle autorità regionali per la chiusura del centro. Il Pd chiede al governo di chiarire cosa è accaduto nella struttura. Il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni e i senatori dem Antonio Nicita, Annamaria Furlan e Vincenza Rando hanno presentato interrogazioni parlamentari. «Il livello di servizi e assistenza nel Cpr di Trapani, come degli altri sul territorio nazionale, è ai minimi storici. L’Ue non può far finta di non vedere cosa accade in Italia», afferma l’eurodeputato Pd Pietro Bartolo.

Dal governo non sono arrivate spiegazioni o commenti. Del resto cosa potrebbe dire chi, nonostante tutte le evidenze, ha deciso di puntare sulla detenzione amministrativa: annunciando un Cpr per regione e addirittura esportandoli in Albania. Dove, è facile immaginare, le tensioni potranno solo moltiplicarsi.

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