Indonesia, 40 sequestrati all’anti-vertice sull’acqua
Come nella peggior tradizione del vecchio regime del generale Suharto – un dittatore durato 32 anni – polizia, esercito, servizi e persino miliziani hanno sequestrato in una guest house una cinquantina di attivisti indonesiani e internazionali arrivati a Bali per intervenire con critiche e proposte al decimo World Water Forum (Wwf), che si chiude sabato. Mentre scriviamo, solo una decina di loro era uscita dall’Hotel Oranje ma il grosso era ancora “imprigionato” nell’albergo alla periferia della capitale balinese Denpasar.
Il motivo, denuncia il People’s Water Forum cui fanno capo gli attivisti, è tenerli rinchiusi finché il Wwf non sarà finito. Una vicenda oscura per un governo democratico, che dalla dittatura si è liberato nel 1998, ma anche per il World Water Council (Wwc), co-organizzatore dell’evento in cui, evidentemente, critiche e proposte diverse dalle sue strategie (pagare l’acqua a consorzi privati) non devono trovar posto. Nemmeno in un controvertice, come ormai si usa ovunque. Il presidente del Wwc è Loïc Fauchon, capo di Eaux de Marseille, controllata dal principale venditore privato di acqua del mondo, la francese Veolia.
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Dieci anni di solitudine. 48 migranti uiguri abbandonati dall’Unhcr in ThailandiaL’allarme lo danno in Italia gli attivisti del People’s Water Forum (Pwf) invitando i giornalisti a una conferenza stampa organizzata ieri sera via zoom da Bali da chi per sua fortuna non stava all’Oranje Hotel. Il collegamento coi sequestrati è difficile. R., attivista indonesiano, prova a riassumere parlando dall’hotel di cui è ostaggio: «Le minacce sono arrivate già prima del nostro arrivo a Bali il 19, anche alle nostre famiglie. Ora una decina di noi sono potuti uscire ma i nostri cellulari sono stati craccati e internet va con difficoltà. La polizia ci ha detto subito che non avevamo il diritto di trovarci qui, che dovevamo andarcene». Ci si arrangia per dormire e alla fine si approda all’Oranje, il che facilita il compito delle autorità. Arriva la polizia e poi l’esercito e «dalle intimidazioni si passa alla minaccia, anche di morte».
ll peggio però succede all’arrivo dei miliziani che fanno «tre attacchi», spiega un altro attivista: nel primo, il 20 maggio, «sfasciano tutto durante il tentativo di tenere una conferenza stampa». Tornano il giorno dopo e fanno irruzione nell’albergo dove “sequestrano” gli attivisti. Hanno maschere, occhiali ed elmetti e fanno parte delle Patriot Garuda Nusantara, sorta di milizia nazionalista che sembra uscita dal passato, quando thug e preman (teppisti e banditi) si occupavano dei lavori sporchi per Suharto. Il loro motto? “Coltivare l’amore tra i propri simili, salvaguardare la diversità nazionale, sradicare le organizzazioni divisive”.
Fortunatamente a Bali c’è anche Pedro Arrojo, relatore speciale Onu sul diritto all’acqua potabile. Va all’Oranje per parlare con gli attivisti e per testimoniare quanto avviene. Ma nemmeno il suo passaporto blu dell’Onu ottiene risultati. Personale in uniforme e un più folto gruppo di uomini mascherati in borghese lo affronta: gli impediscono di entrare, spintonano, minacciano e lo costringono ad andarsene. «È uno dei motivi per cui stiamo vedendo cosa fare al Palazzo di Vetro perché è inammissibile un sequestro in piena regola accompagnato da intimidazioni a un inviato Onu», spiega l’attivista italiano Renato Di Nicola.
Per ora dunque il World Water Forum ha ottenuto l’effetto di farsi una pessima fama ed è abbastanza singolare che le delegazioni presenti – tra cui quella italiana – non abbiano espresso la minima solidarietà pubblica ai sequestrati. Oltre ai comunicati dei vari gruppi che difendono l’acqua pubblica, per ora solo alcuni accademici hanno firmato una lettera di sostegno agli attivisti bloccati nell’hotel. Un effetto però il Forum l’ha ottenuto: creare curiosità sulle proposte degli attivisti del Pwf.
In un documento, spiegano che «spacciato come spazio multilaterale di governance dell’acqua, il Wwf è dominato dai Paesi del Nord, dalle istituzioni finanziarie internazionali e dalle maggiori multinazionali per fare pressione sui governi – soprattutto nel Sud – per privatizzare i sistemi idrici e igienico-sanitari e svilupparli in base al mercato» con «riforme che aumentano i costi per famiglie e bilanci pubblici, garantendo al contempo un accesso più facile a industrie ad alta intensità idrica che inquinano l’acqua…. Una minaccia per il controllo democratico del bene comune». Come il sequestro ben dimostra.
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