Detenuti da dieci anni nelle carceri thailandesi in condizioni disumane e di sovraffollamento. Sono 48 migranti uiguri (gruppo etnico originario della provincia autonoma cinese dello Xinjiang) fermati nel 2014 in Thailandia mentre erano in fuga dalla Cina. Un’inchiesta del New Humanitarian ha fatto luce su uno scarico di responsabilità che ha coinvolto l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite (Unhcr) e Bangkok.

L’ONU HA ESPRESSO a lungo «forte preoccupazione» per la presunta violazione di diritti umani nel centro di detenzione thailandese. Documenti interni visionati dal giornalista di inchiesta Jacob Goldberg, di base a Bangkok, e da associazioni di diritti umani, dimostrerebbero che dal 2020 la Thailandia ha fatto pressioni affinché l’agenzia fosse più attiva nella risoluzione del caso. L’Onu, dal canto suo, avrebbe liquidato le sue richieste. Secondo Phil Robertson di Human Rights Watch «l’Unhcr ha esitato perché temeva che Pechino si sarebbe arrabbiata e avrebbe ridotto la cooperazione o le donazioni».

L’antefatto risale a marzo 2014. I funzionari dell’immigrazione thailandese avevano arrestato un gruppo di circa 220 persone nella giungla al confine con la Malaysia, dando avvio a un caso internazionale che ha visto coinvolte Thailandia, Cina e Nazioni unite. I fermati erano uomini, donne e bambini uiguri – gruppo maggioritario dello Xinjiang, di lingua turcofona e religione musulmana – che intendevano raggiungere il Medio oriente passando per il Sud-Est asiatico.

ALCUNI sono stati trasferiti in Turchia, altri respinti in Cina. I restanti richiedenti asilo sono rimasti nel centro di Suan Phlu, a Bangkok, per dieci anni. «Confinati al chiuso ventiquattr’ore su ventiquattro, in celle sovraffollate e insalubri, senza accesso a cibo adeguato, esercizio fisico o cure mediche», ha dichiarato a inizio maggio il World Uyghur Congress (Wuc), associazione con base in Europa e attiva nella difesa dei diritti della popolazione uigura. Il Wuc si è detto «profondamente preoccupato per la detenzione» e per la «potenziale deportazione in Cina», e ha richiesto di «rilasciare immediatamente gli uiguri detenuti ed evitare risolutamente il respingimento».

NEL 2014, Pechino aveva lanciato una campagna anti-terrorismo in Xinjiang, che secondo Human Rights Watch ha portato a «detenzione arbitraria, sorveglianza di massa, lavori forzati, separazione forzata delle famiglie e altri abusi». I paesi occidentali hanno tacciato il governo cinese di violazione dei diritti umani e persecuzione della popolazione uigura, ma la Cina ha sempre respinto le accuse. Durante l’ultima visita di Xi Jinping in Francia, riporta Le Monde, la sociologa di origine uigura Dilnur Reyhan ha detto che accogliere il presidente cinese a Parigi è un segno di «complicità con il genocidio uiguro».

LA DETENZIONE dei 48 in Thailandia è emblematica della precarietà in cui versano i migranti in paesi non firmatari della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, ma anche delle responsabilità dell’Onu. «I documenti dimostrano che l’Unhcr non ha rispettato il suo mandato di proteggere i rifugiati uiguri» ha detto al New Humanitarian John Quinley, direttore di Fortify Rights, dopo aver esaminato i file. In un rapporto del 2023, Uyghur Human Rights Project ha affermato che la crescente influenza della Cina su alcuni Paesi mina «qualsiasi volontà politica o umanitaria» di riconoscere le istanze dei richiedenti asilo di origine uigura nei paesi ospitanti.