Le terribili immagini di Bucha rappresentano una svolta nella guerra e hanno scosso profondamente gli europei. È ormai «urgente», ha detto ieri il capo della diplomazia, Josep Borrell, accelerare i lavori sulle «sanzioni». Il presidente del Consiglio, Charles Michel, assicura che «maggiori sanzioni sono in preparazione».

DALL’UCRAINA, il presidente Zelensky lancia un appello agli europei, non solo per ottenere più armi, il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba chiede «nuove sanzioni devastanti al G7 subito». Un quinto pacchetto di sanzioni della Ue è in preparazione a Bruxelles, ne hanno discusso ieri i ministri dei 27 all’Ecofin, che continua oggi, una decisione potrebbe essere annunciata all’incontro degli ambasciatori Ue mercoledì, giovedì c’è un incontro Ue-Nato, lunedì 14 si riuniscono i ministri degli Esteri a Lussemburgo. Per il momento è stata respinta la richiesta del primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki di convocare un Consiglio europeo straordinario dei capi di stato e di governo. Le misure previste dalla Ue sono l’allungamento della lista degli oligarchi colpiti (adesso sono circa 800), l’esclusione delle navi russe dai porti europei e maggiori restrizioni all’export, con al centro la questione degli idrocarburi, per accelerare l’uscita dalla dipendenza dalla Russia, che la Commissione aveva previsto di ridurre di due terzi entro fine anno. Già sabato, i Baltici hanno fermato le importazioni di gas dalla Russia: sono paesi molto dipendenti, ma si sono organizzati con gli stock per far fronte ai bisogni immediati. Baltici e Polonia chiedono che un embargo generale sugli idrocarburi venga adottato da tutti i paesi Ue.

IN MATTINATA, Emmanuel Macron, dopo aver denunciato «scene di crimini di guerra», ha evocato la chiusura delle importazioni di «carbone e petrolio» dalla Russia, una decisione che verrà presa «in coordinamento, in particolare con la Germania». Intanto domani la Francia provvederà a espellere dei diplomatici russi, come già ieri la Germania.

RESTA IL NODO DEL GAS. La decisione è soprattutto nelle mani della Germania, molto dipendente dal gas russo, ma non solo: dopo la nuova vittoria in Ungheria, Viktor Orbán ha subito minacciato un possibile veto di Budapest a un embargo più severo. «Al momento non è possibile tagliare le forniture di gas», ha affermato il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner. A Berlino, la ministra della Difesa, Christina Lambrecht, ha ammesso domenica che i 27 dovranno «parlare di questo», la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, ha evocato «l’intensificazione delle sanzioni» oltre a «maggiori aiuti per la difesa ucraina».

Ma ieri il cancelliere Olaf Scholz è stato più prudente, ha detto che una decisione verrà presa «nei prossimi giorni», pesa il calcolo di un calo di tre punti del pil in caso di chiusura del rubinetto del gas russo. Intanto, ieri, in seguito a «un’analisi della situazione complessa», Berlino ha deciso che lo stato tedesco prende temporaneamente il controllo della filiale locale di Gazprom, «per l’importanza dell’approvvigionamento» dell’energia. Fino al 30 settembre prossimo, lo stato tedesco sarà l’amministratore della filiale Gazprom Germania, dalla quale venerdì Mosca aveva già annunciato il «ritiro» a causa dell’incertezza sulle relazioni economiche.

L’Austria continua a frenare su un embargo immediato per il gas, «non bisogna che la Ue paghi più della Russia» ha detto il ministro delle Finanze. Mentre in Italia, uno dei paesi più dipendenti, Enrico Letta ha evocato un «embargo totale su petrolio e gas». Gli europei, la scorsa settimana, hanno rifiutato l’ingiunzione di Putin di pagare le importazioni di idrocarburi in rubli, voluta da Mosca per sostenere il corso della moneta nazionale.

IN FRANCIA, a pochi giorni dal primo turno delle presidenziali, la socialista Anne Hidalgo dice «basta pagare il gas della vergogna», per il verde Yannick Jadot «non ci si può indignare e contemporaneamente dare a Putin 800 milioni al giorno, ci vuole l’embargo», mentre all’estrema destra, Marine Le Pen, si preoccupa soprattutto del «potere d’acquisto» dei francesi per gli aumenti di gas e benzina.

IERI, LA PRINCIPALE decisione è stata sul piano giuridico. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha parlato con Zelensky, dopo aver denunciato i «terribili assassinii» ha espresso le «condoglianze» e il «sostegno» Ue. Concretamente, è stata avviata una «coordinazione stretta» tra Bruxelles e l’Ucraina per realizzare «un’inchiesta comune» per raccogliere le prove su quanto successo a Bucha, per stabilire «crimini di guerra» e «crimini contro l’umanità»: «Delle discussioni sono in corso tra Eurojust e la Corte penale internazionale per unire le forze e far parte di un gruppo di investigazione comune», in un «approccio coordinato» il commissario alla Giustizia, Didier Raynders, lavorerà con il procuratore generale ucraino. Scholz ha chiesto che le organizzazioni internazionali abbiano pieno «accesso» a Bucha e negli altri luoghi dove ci sono stati casi di crimini di guerra, per poter raccogliere prove.

La Berd, la Banca europea di ricostruzione e sviluppo, ha sospeso con effetto immediato l’accesso di Russia e Bielorussia ai fondi e all’expertise, mentre ci sono 2 miliardi per l’Ucraina. E ha anche chiuso i suoi uffici a Mosca e Minsk.