Indiana Jones e il gioco del destino che riporta il passato nel presente
Cannes 76 Fuori concorso presentato il quinto capitolo della saga con Harrison Ford "ringiovanito" digitalmente
Cannes 76 Fuori concorso presentato il quinto capitolo della saga con Harrison Ford "ringiovanito" digitalmente
«C’è un detto secondo cui, al momento di morire, vedi scorrerti tutta le vita davanti. Ho appena visto la mia vita passare davanti ai miei occhi». Così Harrison Ford, caustico ma anche un po’ commosso, ha reagito subito dopo la presentazione del tribute reel proiettato sullo schermo della Salle Lumiere prima della consegna del premio alla carriera di quest’anno, conferitogli alla proiezione di Indiana Jones e il Quadrante del Destino (in uscita il 28 giugno). Han Solo, Rick Deckard, Jack Ryan, Richard Kimble, un presidente delli Stati uniti, il capitano di un sottomarino sovietico e -ovvio- Indiana Jones, si sono alternati sullo schermo; insieme alle collaborazioni di Ford con Peter Weir, Sydney Pollack o Mike Nichols, e all’occasionale commedia romantica.
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Io e Indiana Jones
Scritto e diretto da James Mangold, vede Indy alle prese con un viaggio nel tempo
Perché l’Indiana Jones che incontriamo all’inizio del film è lo stesso di….quarantadue anni fa. Letteralmente parlando. Il processo di ringiovanimento digitale che ha permesso di riparacadutare Indy tra i nazisti, nel 2023, non consiste infatti nella rielaborazione in chiave giovanile del suo volto di oggi (come fecero con De Niro e Pacino in The Irishman) ma nell’introduzione e rielaborazione digitale del suo volto/corpo, dai vecchi film, nelle scene girate oggi. L’effetto è incredibile, e non comunica un’impressione di falso.
COME SEMPRE, anche in questo nuovo capitolo, scritto e diretto da James Mangold (Ford versus Ferrari), troviamo Indy impegnato in una via di mezzo tra la ricerca scientifica e il furto. L’oggetto della disputa tra lui, affiancato da uno archeologo di Oxford (Toby Jones), e un esercito di SS annidate in un castello mentre è chiaro che Hitler sta già perdendo la guerra, è un quadrante creato da Archimede Pitagorico che, secondo lo studioso oxfordiano, potrebbe permettere di viaggiare nel tempo. In più accezioni, quel tipo di viaggio è il leit motiv di Il quadrante del destino. Dopo la prima di un’interminabile serie di elaboratissime scene d’azione che si avvicendano una dopo l’altra (questa è ambientata su un treno) il film si sposta in un modesto appartamento di New York. È il luglio del 1969, poco dopo lo sbarco sulla Luna dell’Apollo 11. Nelle strade si sta preparando un’enorme parata per festeggiare gli astronauti, ma al professor Jones il cosmo non interessa. Stanco, irascibile, scricchiolante e depresso come appare (con i documenti del divorzio pronti da firmare e il frigo vuoto), sembra che non gli interessi nemmeno più l’archeologia. Fino a quando Helena, la figlia del suo vecchio amico di Oxford (Phoebe Waller-Bridge, l’autrice e protagonista delle sitcom inglese Fleabag), non appare in classe e lo risucchia nella ricerca del quadrante. Insieme alla ragazza, il passato rigurgita anche un ex ufficiale nazista (Mads Mikkelsen) che è alla ricerca dello stesso oggetto. Dopo aver gettato la parata nello scompiglio più totale con scene di fuga a bordo di numerosi veicoli, incluso un cavallo, il film si sposta a Tangeri, sul fondo del Mediterraneo e poi in Sicilia.
OLTRE A TUTTI i mezzi di locomozione possibile, qua e là appaiono i classici props della saga -i serpenti che Indy detesta (qui sotto forma di murena), milioni di insetti, tombe che si aprono e mega massi rotolanti). Il ritmo è sempre serrato, il modello quello del videogioco di qualità che la produttrice Kathleen Kennedy ha impresso anche agli Star Wars dell’era post Lucas. Quasi perfetti e un po’ senza cuore.
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