I rappresentanti del Cremlino tornano ad Ankara per rinsaldare le relazioni diplomatiche con la Turchia. Intanto, dall’altra parte dell’Atlantico, il Brasile di Lula offre un’inattesa sponda alle rivendicazioni russe.
Nella complicata rete di alleanze e riposizionamenti strategici rappresentata dalla guerra in Ucraina, risulta sempre più difficile per i governi evitare di prendere posizione. Il presidente turco Erdogan, forte del ruolo di primo piano che il conflitto est europeo gli ha offerto ma preoccupato per le prossime elezioni presidenziali, è uno degli esempi più evidenti. Ieri il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, e il suo omologo turco Mevlut Cavusoglu si sono incontrati per discutere di «importanti questioni bilaterali». In cima all’agenda, ovviamente, c’è l’Ucraina. Ma i due paesi hanno una serie di questioni in sospeso in Siria e in Nagorno-Karabakh dove, tra l’altro, le truppe dei peacekeepers russi potrebbero presto trovarsi contrapposte alle forze azere (alleate di Ankara).

Una situazione delicata sulla quale nell’ultimo anno entrambi i governi hanno costantemente cercato di non scontrarsi. Inoltre, c’è l’accordo sul grano che vede Erdogan impegnato in prima linea come garante e che a Mosca minacciano di sospendere a ogni scadenza. «Il corridoio del grano è una fonte di dialogo e trattative e ha prodotto risultati. Diamo grande importanza alla continuazione dell’intesa, anche perché allenta la crisi alimentare che affligge tutto il mondo. Stiamo trattando per garantire il passaggio anche di prodotti russi e sosteniamo gli sforzi per eliminare gli ostacoli al loro passaggio» ha spiegato Cavusoglu nella conferenza stampa successiva all’incontro.

Sull’Ucraina la posizione di Ankara è che si arrivi a una risoluzione del conflitto «mediante negoziati e secondo le regole del diritto internazionale». A tale proposito Lavrov ha risposto che «è stato detto più di una volta che non rifiutiamo i negoziati. Questi negoziati possono basarsi solo sulla considerazione dei legittimi interessi russi, delle legittime preoccupazioni russe, che abbiamo esposto per molti anni».

Una di queste rivendicazioni è senz’altro la Crimea e ieri da Brasilia il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha dichiarato che «forse se ne può parlare» e che il governo di Kiev «non può volere tutto» auspicando un ritorno alla ragionevolezza da parte di tutti gli attori coinvolti. Secca la replica del portavoce del ministero degli Esteri ucraino Nikolenko: «L’Ucraina non rinuncia ai suoi territori».