Incertezza economica, la Bce non decide
Guerra in Ucraina Lagarde non alza i tassi, a differenza di Fed e Bank of England. L’Ocse rinuncia alle stime, ma mette in guardia con l’Fmi: l’aumento dei prezzi di grano e cereali avrà conseguenze tragiche, sociali e politiche, nel mondo, a cominciare dall’Africa e dal Medioriente
Guerra in Ucraina Lagarde non alza i tassi, a differenza di Fed e Bank of England. L’Ocse rinuncia alle stime, ma mette in guardia con l’Fmi: l’aumento dei prezzi di grano e cereali avrà conseguenze tragiche, sociali e politiche, nel mondo, a cominciare dall’Africa e dal Medioriente
La guerra è tornata in Europa, il futuro è sempre più incerto. Di fronte al dramma umano in Ucraina, è impossibile fare previsioni economiche. Ieri, la presidente della Bce, Christine Lagarde, non ha preso decisioni drastiche, a differenza della Fed mercoledì, che per la prima volta dal 2018, ha aumentato il tasso di sconto e ha programmato altre sei riunioni di rialzo entro fine anno, con una media – che potrebbe essere rivista al rialzo, di 25 punti base a seduta – o della Bank of England, che ha aumentato i tassi allo 0,75%.
LAGARDE RESTA PRUDENTE: il rialzo dei tassi di interesse, quando avverrà – sarà il primo da più di 10 anni – sarà progressivo e avrà luogo «un po’ dopo» la fine degli acquisti di obbligazioni, cioè del programma di stimolo, previsto per la fine del terzo trimestre di quest’anno, «salvo degradazione dei mercati», come effetto dell’evoluzione della guerra. Per Lagarde, nella zona euro «ci sono margini supplementari in caso di bisogno, una volta che avremmo smesso di comprare obbligazioni e prima di oltrepassare la prima tappa verso la normalizzazione», cioè la fine della risposta di emergenza al Covid. L’inflazione, che erode il potere d’acquisto, sta aumentando, a febbraio era al 5,6% su base annua per la zona euro, un livello senza precedenti dalla creazione della moneta unica, quasi tre volte superiore all’obiettivo «intorno al 2%».
L’OCSE HA RINUNCIATO a pubblicare le previsioni, che di solito escono all’inizio di marzo. Ieri, in una conferenza stampa al Château de la Muette a Parigi, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che riunisce le economie più ricche del mondo, ha messo in guardia: la guerra spezza lo slancio della ripresa. L’Ocse, solo nel dicembre scorso, aveva previsto una ripresa media dei paesi membri al 4,5% quest’anno. La prospettiva oggi è una perdita di almeno un punto di questo rilancio, con un’inflazione che dovrebbe superare le vecchie previsioni di 2,5 punti. Per l’economista-capo Laurence Boone, «la crisi si manifesta già con una crescita dei prezzi dell’energia, delle derrate alimentari e di certi metalli». Il petrolio oscilla, ha superato i 126 dollari il barile a febbraio, poi è sceso sotto i 100. Ma ieri, dopo le notizie poco rassicuranti sul procedere dei contatti tra Russia e Ucraina per arrivare a un cessate il fuoco, è di nuovo salito sopra i 100. La Russia ha già diminuito l’export di 3 milioni di barili al giorno, dice l’Aie.
SUL GAS, OLTRE all’aumento del prezzo, pesa anche la minaccia di penuria, in caso di chiusura dei rubinetti russi l’Ocse suggerisce agli stati di cercare il più presto un’autonomia e fornitori alternativi – per l’Europa a livello Ue – senza per questo chiudersi nel protezionismo. Mai come ora nel passato c’è stata un’interdipendenza così alta tra sistemi politici rivali, oggi addirittura in guerra e questo minaccia effetti di grande portata sullo stato dell’economia. Per l’Ucraina, il Pnud prevede «una caduta libera nella povertà».
OCSE E FMI mettono in guardia sull’aumento dei prezzi di grano e cereali, che avranno conseguenze tragiche, sociali e politiche, nel mondo, a cominciare dall’Africa e dal Medioriente, l’Egitto, per esempio dipende dal grano russo e ucraino al 90%, 19 paesi africani sono nella stessa situazione e all’orizzonte si profilano rivolte per il pane. L’Ocse ricorda che un terzo del grano commerciato nel mondo proviene da Russia e Ucraina e il prezzo è aumentato del 70%, dopo un raddoppio negli ultimi due anni. L’Indice dei prezzi dei prodotti alimentari dell’Onu pone il grano a 140 punti – era a 90 nel 2016. L’Ocse prevede un calo delle esportazioni di grano tra il 7 e il 12% quest’anno, tra il 5 e il 7% per mais e altri cereali. Se la guerra dura, la produzione in Ucraina è destinata a crollare. «A lungo termine – scrive l’Fmi – la guerra potrebbe modificare fondamentalmente l’ordine economico e geopolitico mondiale, se il commercio dell’energia si modifica, se le catene di approvvigionamento si riconfigurano, se le reti di pagamento si frammentano, se i paesi ripensano la composizione delle riserve di cambio».
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