Non conoscono soste i provvedimenti dei ministri israeliani a sostegno della colonizzazione ebraica della Cisgiordania. Il ministro dell’Aliya (immigrazione) Ofir Sofer, e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, un paladino del movimento dei coloni, hanno annunciato un piano che prevede generosi incentivi per i nuovi immigrati (Olim) che si stabiliranno nelle regioni meridionali e settentrionali di Israele e nella Cisgiordania sotto occupazione. Un piano che, hanno spiegato, nasce dalla preferenza che gli ebrei residenti in altri paesi manifesterebbero ai rappresentanti dell’Agenzia ebraica quando discutono della possibilità di trasferirsi in Israele. Costerà 70 milioni di shekel (17 milioni di euro) e garantirà un assegno aggiuntivo di 2.000 shekel (500 euro) al mese per due anni ad ogni immigrato che sceglierà di vivere nelle aree periferiche di Israele o nei Territori occupati palestinesi. Non è poco se si considera che gli Olim ricevono già un consistente sostegno per l’affitto per ben cinque anni dalla data di arrivo. Questo contributo però tende a ridursi e il piano dei due ministri darebbe agli immigrati la possibilità di godere di una assistenza ampia per un periodo più lungo.

Quanti Olim andranno nelle colonie non si può prevedere. Tuttavia, non sarà una percentuale irrisoria considerando l’orientamento di destra che da anni prevale in molte delle comunità ebraiche in Europa. In Francia in particolare. Dal 7 ottobre, riferisce il quotidiano Haaretz, si è quadruplicato il numero degli ebrei francesi che si sono detti interessati a trasferirsi in Israele. E un aumento significativo si registra anche nel Regno Unito e in Canada. In totale, Israele ha accolto nel 2023 più di 32.000 nuovi immigrati dalla Russia, 2.500 dagli Stati Uniti, 2.170 dall’Ucraina, circa 1.800 immigrati dalla Bielorussia e oltre 1.000 immigrati dalla Francia. Una parte di queste decine di migliaia di Olim è finita nelle colonie in Cisgiordania.

Lo scorso primo gennaio il numero dei coloni insediati nei Territori occupati da Israele nel 1967, ha superato il mezzo milione. Sono 517.407, l’1,87% in più rispetto al 2022 e il 15,11% in più rispetto al 2019. A questi si aggiungono i 340mila israeliani che vivono nei 23 insediamenti – i più grandi in periferia, i più piccoli dentro e nei pressi delle mura della città vecchia – costruiti nella zona Est occupata di Gerusalemme (in Israele li definiscono quartieri). Il tasso di crescita dei coloni è quasi il doppio rispetto a quello della popolazione ebraica in Israele. L’impatto dei coloni trascende le semplici statistiche demografiche. Nell’arena politica, la loro rappresentanza è cresciuta costantemente fino a raggiungere 11 deputati nel 2022 rispetto ai 7 del 2020. L’attuale segretario di gabinetto Yossi Fuchs, che siede accanto al primo ministro Netanyahu, il ministro Smotrich e il suo collega della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir vivono in insediamenti, a conferma del crescente peso in politica dei coloni. Che sono diventati più influenti anche nelle Forze armate. Il 40% dei diplomati del corso per ufficiali proviene dalle colonie, secondo i dati contenuti nel West Bank Jewish Population Stats Report, appena reso pubblico.

Questi numeri spiegano bene la situazione nella Cisgiordania occupata, oltre alle trasformazioni in atto nella società e nella politica di Israele. E pongono grossi interrogativi sulla serietà e fattibilità della (presunta) iniziativa dell’Amministrazione Biden per la creazione dello Stato di Palestina nei Territori occupati nel 1967 di cui si parla in questi giorni. I coloni sono l’ostacolo principale all’indipendenza palestinese e proprio per questo sono stati insediati nei territori del 1967. Bezalel Smotrich vuole una crescita ancora più sostenuta del loro numero. Intende raddoppiarlo nel giro di qualche anno grazie a finanziamenti, incentivi e progetti per il miglioramento delle infrastrutture.