Internazionale

In Tunisia la prima donna premier non fa primavera. Tutti i poteri a Saied

In Tunisia la prima donna premier non fa primavera. Tutti i poteri a SaiedNajla Bouden Romdhane, la nuova premier tunisina

Storica nomina di Najla Bouden Romdhane, ma il presidente non crede nell'uguaglianza di genere. E ha appena sospeso la costituzione. Crisi con la Francia per i mancati rimpatri degli irregolari: Parigi riduce drasticamente  i visti di ingresso per tutti i maghrebini

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 1 ottobre 2021

Una svolta storica e una prima assoluta per il mondo arabo. Il giorno dopo la nomina a premier di Najla Bouden Romdhane da parte del presidente della Repubblica Kais Saied, le reazioni politiche e internazionali hanno elogiato la scelta di una donna a capo de La Kasbah. Il suo compito sarà quello di formare «il prima possibile» un governo.

ORIGINARIA DI KAIROUAN con un dottorato in geologia, Romdhane è docente alla Scuola nazionale di ingegneri di Tunisi. Ha anche occupato il posto per la messa in opera dei programmi della Banca mondiale al ministero dell’Insegnamento superiore, aspetto da non sottovalutare per la sua nomina.

Una nomina attesa in Tunisia da due mesi ma che a oggi sembra essere priva di qualsiasi contenuto politico per un motivo molto semplice: la promulgazione del decreto presidenziale n. 2021-117 il 22 settembre scorso. Il responsabile di Cartagine ha di fatto sospeso la costituzione del 2014 con 23 articoli che lo rendono depositario del potere legislativo, esecutivo e giudiziario del paese. Una situazione che non sembra destinata a cambiare presto, almeno fino a quando Saied nominerà una commissione per aiutarlo a portare avanti importanti riforme politiche e istituzionali come, ad esempio, l’emendamento della costituzione in senso presidenziale. Sempre oggi lo stesso Saied rappresenta il potere e il contropotere della Tunisia e neanche Romdhane, che si dice pronta a mettere come priorità nella sua agenda la lotta alla corruzione, pare essere un bilanciamento politico sufficiente.

QUESTA INVESTITURA non deve nascondere il conservatorismo del presidente. Dall’epoca del padre della patria Habib Bourguiba, i diritti civili e sociali hanno sempre rappresentato un ottimo strumento di legittimazione internazionale, a partire dalla promulgazione del Codice dello statuto personale (Csp) il 13 agosto 1957, che ha dotato la donna di diritti mai visti prima nel Paese e in generale nel mondo arabo. Kais Saied più volte si è pronunciato contro l’uguaglianza nell’eredità, uno dei temi più sensibili per i movimenti femministi della società civile. In occasione del 64° anniversario del Csp, il presidente affermò che «il Corano è chiaro e sufficiente su questo». In Tunisia una sorella continua ad avere diritto alla metà dei beni di suo fratello.

A POCO PIÙ DI DUE MESI dal reset istituzionale del 25 luglio scorso, iniziano anche le prime reali sfide per il responsabile di Cartagine. Oggi primo ottobre dovrebbero riprendere le attività dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp), al momento congelata e individuata come nemica numero uno dai sostenitori di Saied per la corruzione endemica presente nelle sue stanze. 90 deputati hanno raccolto l’appello di tre parlamentari per tornare al palazzo del Bardo, non si sa con quale esito.

IL SECONDO DOSSIER presente sul tavolo di Cartagine è la decisione della Francia di ridurre i visti di ingresso per tunisini, marocchini e algerini. Il motivo? Il rifiuto da parte dei due paesi di accettare il rimpatrio dei cittadini presenti in una situazione irregolare sul territorio francese.
«Si tratta di una decisione drastica, inedita ma necessaria – sono state le parole molto dirette di Gabriel Attal, portavoce del governo di Parigi – ci sono stati dialoghi con i paesi del Maghreb a cui sono seguite delle minacce, ora in esecuzione. Quando le cose non cambiano, bisogna fare qualcosa per applicare le regole». Si tratta di una riduzione drastica: il 50% per Algeria e Marocco, il 30% per la Tunisia. I governi di Algeri e Rabat hanno reagito alla mossa del presidente Emmanuel Macron. «Abbiamo preso atto di questa decisione e la consideriamo come ingiustificata», è stato il commento del capo della diplomazia marocchina Nasser Bourita.

DAL CANTO SUO, L’ALGERIA ha convocato l’ambasciatore francese, facendo appello a «una protesta formale da parte del governo a seguito di questa decisione unilaterale». L’unica a non parlare è stata la Tunisia, alle prese con una situazione interna delicata e una internazionale ancora da legittimare. Non è un caso che uno degli slogan preferiti dagli oppositori di Saied, durante le manifestazioni di queste due ultime settimane, sia stato «Francia vattene!».

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