In Spagna elette 139 deputate su 350
Elezioni È il 39%, la cifra più alta dalle elezioni generali del 1979. Il primato è di Podemos: il 49,28% dei 69 seggi ottenuti - quasi la metà - sono occupati da donne
Elezioni È il 39%, la cifra più alta dalle elezioni generali del 1979. Il primato è di Podemos: il 49,28% dei 69 seggi ottenuti - quasi la metà - sono occupati da donne
Sorpresa dalle urne spagnole: sono state elette 139 donne su un totale di 350 deputati. È una sorpresa perché questo 39% è la cifra più alta dalle elezioni generali del 1979, quando le donne della prima legislatura del postfranchismo raggiunsero a fatica il 5,1% di rappresentanza parlamentare.
Nelle 605 liste candidate il 20 dicembre scorso al Congresso si sono presentati 2.263 candidati maschi, il 52%, e 2.090 donne, il 48%. La stessa percentuale delle elezioni di quattro anni fa, quando, per la seconda volta, i partiti furono obbligati per legge a rispettare, o quasi, l’uguaglianza nelle candidature. In Spagna nessun sesso può superare il 60% o restare al di sotto del 40%, in ogni gruppo di cinque candidati di ogni lista.
Le formazioni della destra, anche a questa tornata elettorale, non si sono smentite. Il Partito Popolare, partito che grazie all’iniquo sistema elettorale spagnolo occuperà più seggi, è quello che si piazza al secondo posto per minor numero di donne elette al congresso. Di 123 deputati del Pp solo 44 sono donne, un 35,77%, contro i 79 uomini. Non poteva che essere così perché la formazione di Rajoy aveva solo un 46% di donne candidate. Il primato di meno donne deputate è della formazione di Albert Rivera, quei Ciudadanos che sbandierano il nuovo, ma che, già dalla composizione delle liste, ripropongo le note modalità conservatrici di esclusione delle donne. Esclusione motivata, in fase di primarie, con il criterio di meritocrazia invece che di genere. Quindi solo un 45% di donne e soprattutto solamente dal quarto posto in poi nella lista. Un imbroglio. Il risultato è misero con 8 deputate elette contro 32 deputati.
Meglio, molto meglio, il Psoe con le sue liste cremallera, quelle liste cerniera dove uomini e donne occupano posti alterni per garantire se non proprio un 50% di rappresentanza, almeno il massimo possibile. Così è stato con il 45,56% di donne, ben 41 di 90 parlamentari socialisti sono donne. Liste cerniera anche per Izquierda Unida che, penalizzata al massimo dalla legge elettorale che non assegna lo stesso valore ad ogni singolo voto, ha ottenuto solo 2 seggi, rigorosamente distribuiti uno ad una donna ed uno ad un uomo.
Il primato di uguaglianza spetta però al partito di Pablo Iglesias. Podemos è la formazione con più deputate in questa nuova legislatura. Si arriva quasi alla metà con il 49,28% dei 69 seggi ottenuti, occupati da donne.
Una netta femminilizzazione del Congresso dei deputati che certo non ha una automatica corrispondenza in una idea femminista della politica, ma che forse potrebbe scombussolare qualche politica di governo. Qualora un governo si riesca a formare.
Le spagnole sono equiparabili agli uomini di fronte alla legge, nei discorsi e nelle conversazioni politicamente corrette, ma sono ancora schiacciate da anni di stereotipi sessisti. Nella realtà le spagnole non sono uguali agli spagnoli. Guadagnano meno, ricevono pensioni peggiori al momento di ritirarsi dal lavoro, il rischio di trovarsi in situazioni di povertà è superiore a quello degli uomini e quasi raddoppiano le ore quotidiane che dedicano alla cura della casa e della famiglia, annessi e connessi, rispetto ai propri uguali uomini. Anche Letizia, attuale regina di Spagna, si era esposta affermando che l’uguaglianza tra uomini e donne è un obiettivo che deve essere perseguito dall’infanzia per permettere a ciascuno di arrivare dove vuole. Forse più donne sedute nel Congresso dei deputati potrebbero essere una opportunità. Pablo Iglesias, negli ultimi giorni di campagna elettorale, ha effettuato una inversione di rotta affermando che il cambio politico della Spagna potrà realizzarsi solo attraverso il pieno coinvolgimento delle donne. Niente di nuovo per Ada Colau, la sindaca di Barcellona, che nel documento «Facciamolo: per una politica femminista» rivendica l’idea di femminilizzazione delle istituzioni, cambiandone i ritmi e le priorità. Trasformare le forme del fare politica perché siano al servizio del bene comune e perché siano conciliabili con le vite materiali di uomini e soprattutto di donne.
Che non vuol dire solo eleggere più donne.
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