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In piazza la specie contro la minaccia di estinzione

In piazza la specie contro la minaccia di estinzione

5 novembre Oggi, di fronte alla fame di parti consistenti della popolazione mondiale e alla ripresa degli armamenti, tra cui quello nucleare, la scienza e la tecnologia sarebbero capaci di inventare conoscenze e dispositivi diversi da quelli sviluppati; magari per creare bellezza e armonia col pianeta

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 11 novembre 2022

La manifestazione del 5 novembre segna uno spartiacque con le sue precedenti: è stata anche una manifestazione di specie contro la minaccia di una totale estinzione. Forse c’è ancora speranza se, come dice Pascal: «il cuore ha le sue ragioni che la ragione non comprende». Una nuova cultura desiderosa di vivere nella qualità e di svilupparsi dentro i limiti, la vittoria della vita vera contro l’ingannevole metaverso mediatico. Di tutte le specie vissute o viventi sul pianeta, quella umana è la più flessibile e, di conseguenza, la più resiliente. Apparso sul pianeta privo di quelle protesi naturali (zanne, artigli, pelliccia) che gli avrebbero consentito la sopravvivenza, la sua evoluzione é andata di pari passo con la costruzione di protesi esterne che compensavano questa sua carenza originaria. Così come l’orso polare dotato di spessa pelliccia sopravvive nei territori gelidi o la tigre che con le sue zanne può predare indiscussa, l’uomo si sarebbe presto estinto.

Ma se questa sua fragilità rappresenta originariamente il suo punto debole, al tempo stesso costituisce la sua forza. Una zebra sa correre più di un uomo ma non sarà mai capace di vivere nell’Artico: la sua eredità genetica, che rappresenta la sua unicità e la sua forza, la inchioda entro i limiti dettati dalla sua appartenenza di specie. L’uomo, a differenza di ogni altro animale, può diventare qualsiasi cosa: un cacciatore, un pescatore, un uomo politico o un banchiere. E riesce a vivere in qualsiasi punto del pianeta grazie a protesi esterne (abiti, utensili).

La capacità di essere solidale con i suoi simili gli consente inoltre di moltiplicare la sua forza. E seppure quest’ultima è limitata, egli ha creato dispositivi potenti (armi) per sconfiggere avversari animali molto più dotati. L’uomo è in sostanza l’animale più resiliente di tutti grazie all’uso del linguaggio, alla sua creatività, alla fabbricazione di utensili. E in questo senso si è affermato su tutte le altre specie, spesso eleggendosi, con tracotanza, a dominatore del pianeta.
Ora questa sua abilità che lo ha sottratto da una naturale estinzione cui lo avrebbe condannato la sua vulnerabilità, può rivelarsi una minaccia per se stesso non essendo più capace di governare la tecnologia da lui stesso creata.

Ha devastato il pianeta che abita, ha scatenato conflitti cruenti con i suoi simili, ha consumato tutte le risorse disponibili del pianeta e ha moltiplicato a dismisura la potenza distruttiva che avrebbe dovuto difenderlo da minacce esterne. Ora la sua resilienza può rivelarsi un’arma puntata contro se stesso.
La sua flessibilità e resilienza potrebbe però anche farlo uscire da questa condanna a morte se solo sapesse usarla in modo diverso da quanto fino ad ora fatto. Sarebbe necessario prendere coscienza dei limiti che ha finora infranto, ovvero quelle leggi che governano la biosfera che nella sua onnipotenza ha pensato di travalicare aiutato da una potente tecnologia. Sarebbe necessario ripensare a quella solidarietà che gli ha consentito di sopravvivere unendosi ai suoi simili tutte le volte che veniva minacciato.

Scoprirebbe che quella caratteristica che lo ha sempre aiutato, la resilienza, è anch’essa limitata e soggetta sempre a leggi ben più grandi che sono le leggi della natura che governano il pianeta.
La sua hybris lo ha portato oltre ogni limite come quando Ulisse varcò le colonne d’Ercole e non fece mai più ritorno.
Dovrebbe riflettere su quella direzione impressa alla scienza e alla tecnologia sempre più svincolate dal mero e originario bisogno di aumentare la conoscenza e di favorire il benessere sul pianeta.

Oggi, di fronte alla fame di parti consistenti della popolazione mondiale e alla ripresa degli armamenti, tra cui quello nucleare, la scienza e la tecnologia sarebbero capaci di inventare conoscenze e dispositivi diversi da quelli sviluppati; magari per creare bellezza e armonia col pianeta.
La grande manifestazione del 5 novembre a Roma ha sprigionato immense nuove energie per questa ricerca e ha saputo dare un significato positivo alla sua resilienza di specie, svelandoci come sopravvivere di fronte alla minaccia di un’apocalisse totale: una nuova alleanza con i suoi simili, con la Natura e le sue leggi.

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