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In Liguria vittoria a denti stretti. Meloni avverte scricchiolii

Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini al comizio di chiusura a Genova foto AnsaGiorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini al comizio di chiusura a Genova – foto Ansa

Elezioni Tutta colpa delle liste deboli, secondo il capo dei senatori tricolori Malan

Pubblicato un giorno faEdizione del 29 ottobre 2024

Sono le 20.30 quando per la prima volta un esponente della destra osa dichiarare Marco Bucci vincitore. È Claudio Scajola, sindaco di Imperia, ex ministro, ex forzista, oggi senza partito ma pur sempre uno degli uomini più potenti della destra in Liguria: «C’è un divario tale che consideriamo la vittoria assolutamente certa». La vittoria effettivamente c’è, il sospiro di sollievo dopo ore di testa a testa pure. Ma anche parecchi e giustificati musi lunghi. La destra conserva la regione e chi l’avrebbe detto appena un paio di mesi fa quando il centrosinistra era avanti di oltre 5 punti? Lo scandalo Toti, quello che sembrava costituire un’ipoteca insuperabile, è stato pareggiato e sopravanzato dai clamorosi errori imposti da Giuseppe Conte a Elly Schlein. Ma cantare vittoria ed elevare il solito peana è impossibile e infatti a destra, lontano dai riflettori, si affidano a una formula più mesta: «Scampato pericolo».

Sino all’ultimo gli esponenti del centrodestra erano rimasti muti. Quando mancavano da scrutinare meno di 300 sezioni su 1785 il ras della Lega in Liguria Edoardo Rixi non andava oltre un cautissimo: «Si respira un clima positivo». Nonostante le proiezioni dei sondaggisti assegnassero sin dall’inizio una vittoria di misura a Bucci lo spoglio dei voti reali era invece sul filo del rasoio e nessuno aveva voglia di scoprirsi senza disporre di certezze.

Meno di tutti il candidato e sindaco di Genova Bucci, punito dalla sua città dove è stato superato da Andrea Orlando anche nei quartieri dove aveva trionfato alle comunali. A sera inoltrata faceva sapere di non avere alcuna intenzione di azzardare dichiarazioni: «Parlo solo dopo l’ultimo voto».

Ma il silenzio della destra si deve anche al tracollo di FdI, che intorno al 14% viene letteralmente doppiato dal Pd. «Voti presi dalle liste civiche», giustificano da via della Scrofa in via ufficiosa e in effetti è così ma è una magra consolazione. Certo pesa lo scandalo che ha travolto Giovanni Toti ma neppure questo basta a consolare la premier per un dimezzamento dei consensi e Giorgia Meloni è politica troppo esperta per non avvertire lo scricchiolio minaccioso. Ha seguito lo spoglio furiosa con Report, per il servizio sulla Liguria di domenica sera, a urne aperte, che non ha certo inciso realmente sul quadro. Molto più soddisfatti i partiti alleati, la Lega al 9% e Forza Italia di poco sotto l’8%.

Non è il solo dato allarmante. A Genova, la sua città, Bucci è stato sconfitto di brutta e ha segnato il passo in tutte le città. Si configura la classica situazione comune a tutta l’Europa e anzi a tutto l’occidente: una destra perdente nelle città, dunque tra le fasce sociali più avanzate e produttive, e vincente solo grazie alla provincia. Non è l’immagine della sua destra che Meloni ha in mente. La diagnosi di Lucio Malan, capo dei senatori tricolori, è che il partito è stato penalizzato da liste deboli. Ma neppure la composizione delle liste, pur rilevante nelle elezioni amministrative, basta a spiegare la flessione.

Il dato più pericoloso, però, è la consapevolezza di dover ringraziare per la vittoria soprattutto il leader dei 5 Stelle Conte. Senza il veto contro Renzi forse le cose sarebbero andate diversamente, ma soprattutto il centrosinistra non si sarebbe presentato come una coalizione inesistente e di fatto priva di leadership. Il centrodestra invece non ha fatto errori, ha evitato tensioni interne, ha messo in campo il candidato migliore di cui potesse disporre.

Certo, aveva al collo il pesante pietrone della caduta di Giovanni Toti.

Nessuno tra i leader, a parte Matteo Salvini e lo stesso Bucci, ha nominato il governatore uscente nel comizio finale, sgarbo che certo non avrà fatto alcun piacere al diretto interessato. Non è un mistero che Toti si sia sentito abbandonato e tradito. In Liguria dispone ancora di un peso specifico notevole e la damnatio memoriae a cui lo ha condannato la sua coalizione potrebbe averlo spinto a indicare ai suoi fedelissimi e al loro elettorato la diserzione, il che spiegherebbe il crollo di Bucci a Genova.

Ma nonostante tutto, persino nonostante una vittoria fino a poche settimane fa insperata, il voto della Liguria invia alla destra un segnale allarmante.

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