In Libano «segnali positivi», ma niente tregua. E 50 morti a Gaza

Amos Hochstein è atteso oggi a Tel Aviv per continuare i colloqui sul cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah. Ieri l’inviato statunitense ha tenuto a Beirut incontri con i massimi rappresentanti libanesi che ha poi descritto come «molto produttivi». Segnali positivi ha inviato anche lo speaker del Parlamento libanese, Nabih Berri, alleato del movimento sciita Hezbollah, che parla di «situazione buona in linea di principio», ma precisa che «alcuni dettagli» devono ancora essere definiti e che molto dipenderà da ciò che Israele dirà oggi ad Hochstein.

L’analista Ali Hashem sottolinea che la strada verso la fine della guerra tra Israele e Hezbollah è lunga. Il premier libanese ad interim Najib Mikati, spiega Hashem, farà di tutto per preservare la sovranità del Libano appoggiando allo stesso tempo l’attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza Onu, che pose fine alla guerra del 2006. Risoluzione che prevede che tutte le forze armate si ritirino dalla zona di confine, eccetto l’esercito regolare libanese e le forze dell’Unifil (Onu).

ISRAELE PERÒ CHIEDE piena libertà di azione militare anche con la firma di un accordo di tregua. Due giorni fa il premier Netanyahu, ha proclamato che Israele continuerà ad attaccare Hezbollah tutte le volte che lo riterrà necessario. Una condizione che, se confermata, chiuderà la strada della tregua. Tel Aviv da un lato chiede che l’esercito libanese prenda il controllo del sud del Libano e il ritiro dei combattenti Hezbollah dal confine fino al fiume Litani e dall’altro ignora la risoluzione dell’Onu e afferma un presunto diritto a continuare attacchi e bombardamenti in Libano anche con la tregua. A sostegno di Netanyahu, gli Stati uniti insistono affinché le forze armate libanesi usino la forza per impedire al movimento sciita di schierare i suoi uomini a sud. Un passo che farebbe precipitare il Libano in una nuova guerra civile.

I NEGOZIATI PER LA TREGUA tra Israele e Hezbollah si svolgono mentre le due parti continuano a combattersi. L’aviazione israeliana negli ultimi giorni è tornata a martellare Beirut e il Libano del sud. Gli attacchi israeliani, riferiva ieri il ministero della Sanità libanese, negli ultimi 13 mesi hanno ucciso almeno 3.544 persone – tra cui circa 200 bambini – di cui 31 nelle ultime ore, tra cui tre soldati a Sidone. Se all’inizio dell’estate i morti erano in prevalenza militanti di Hezbollah, ora gran parte delle vittime libanesi sono civili.

Da parte loro i combattenti sciiti hanno lanciato anche ieri razzi e droni verso lo Stato ebraico, riuscendo in alcuni casi a superare le difese antiaeree. Quattro militari ghanesi dell’Unifil sono stati feriti da un razzo lanciato, pare, da Hezbollah. L’Italia ha protestato per gli attacchi all’Unifil.

Ieri Netanyahu ha visitato il cosiddetto Corridoio Netzarim – aperto a inizio anno dall’esercito israeliano per tagliare in due Gaza – e ha ribadito che Israele non permetterà «mai più» ad Hamas di governare la Striscia. I jet israeliani hanno ucciso altri 50 palestinesi tra lunedì e martedì, in totale dal 7 ottobre 2023 sono 43.972 secondo i dati del ministero della Sanità di Gaza. La direzione dell’ospedale Kamal Adwan riferisce di un nuovo attacco delle truppe israeliane.

IN CISGIORDANIA, la Mezzaluna Rossa denuncia che le forze israeliane ieri hanno usato suoi paramedici come scudo umano a Jenin «mentre evacuavano un ferito» nel corso di un raid in cui sono stati uccisi due palestinesi. Nella vicina Qabatiya un attacco israeliano ha ucciso tre militanti del Jihad Islami.