L’Italia hub del gas in Europa. Concessioni petrolifere a terra e a mare a tutto spiano. Extraprofitti per i colossi delle fonti fossili e il freno a mano tirato sulla decarbonizzazione e le rinnovabili. La ricetta del governo Meloni in materia energetica potrebbe riassumersi in queste poche righe. Se per i megagasdotti si è fatto ricorso a semplificazioni, riducendo i vincoli ambientali e paesaggistici a mere prescrizioni in tempo record, per le rinnovabili manca ancora una pianificazione e per le autorizzazioni i tempi sono dilatati. Fotografare lo stato dell’arte dell’eolico in Italia è complesso. Secondo quanto riportato da Terna, proprietaria della rete di trasmissione dell’elettricità, la produzione da rinnovabili di energia elettrica ha coperto nel 2022 il 44,3% della domanda nazionale. Meno del 10% è dato dall’eolico. Si attende nel frattempo il recepimento della direttiva europea Red III e il decreto sulle aree idonee. La bozza per ora non piace a molte associazioni. Coordinamento Free ha espresso preoccupazione. Le criticità riscontrate, «se non sanate in maniera decisa – fa sapere – da un lato potranno limitare lo sviluppo degli impianti, dall’altro rischiano di introdurre procedure autorizzative disomogenee, per l’assenza di criteri univoci». Per l’eolico in particolar modo – fa sapere il presidente Attilio Piattelli – «i tempi autorizzativi sono lunghissimi. Siamo in ritardo con il decreto sulle aree idonee che va rivisto, in ritardo nell’approvazione della nuova normativa e c’è un sovraffollamento di norme mal coordinate».

LO SCENARIO È TORTUOSO. In ballo oltre alla necessaria transizione energetica, c’è un Paese, il nostro, densamente popolato, con un consumo di suolo che nel 2023, dati Ispra, ha raggiunto il 65%, e dall’incalcolabile patrimonio naturalistico e architettonico tutelato per legge. Non va trascurato un dato: le richieste di sviluppo dell’eolico sono concentrate su determinate aree del Paese, le più ventose. La Puglia è in testa, seguita da Sicilia, Campania, Basilicata, Sardegna e Calabria. I progetti sono tanti. Ma dalla teoria alla pratica il passaggio non è così fluido. Negli ultimi tempi si è esacerbato un braccio di ferro tra gli enti. E anche sul fronte delle associazioni non tutte sono favorevoli all’eolico. Il paesaggio è tutelato dalla Costituzione. C’è chi, come Italia Nostra, che punta sull’idroelettrico, si è schierata contro, denunciando «un disastro paesaggistico annunciato». Il primo scoglio da superare per un impianto eolico è dato dai pareri delle sovrintendenze. Pareri spesso negativi espressi in fase autorizzativa dal Ministero della Cultura o dalle Regioni, a seconda che gli impianti siano superiori o inferiori ai 30 megawatt a terra (on-shore) o a mare (off-shore). Si va da poche decine di turbine a parchi a effetto selva con centinaia di pale, alte anche 250 metri talvolta a poche decine di chilometri da coste a vocazione turistica (come nel caso del parco offshore che Odra Energia vorrebbe realizzare tra Porto Badisco e Santa Maria di Leuca, in Salento) o in territori densamente popolati o ancora soggetti a vincoli paesaggistici.

IL PIÙ GRANDE PROGETTO A MARE è il Med Wind di Renexia, del gruppo Toto, 190 turbine a 40 chilometri dalle isole Egadi, che – assicura l’azienda – soddisferà il fabbisogno di 3,4 milioni di famiglie. Ma non tutti sono d’accordo. L’Assemblea regionale siciliana nel 2022 si è opposta per l’inestimabile patrimonio archeologico presente sui fondali. Ai dinieghi, numerosi, seguono lunghe fasi burocratiche, con l’intervento o della Presidenza del Consiglio dei Ministri o dei tribunali amministrativi.

A FINE FEBBRAIO 2023, per quanto le rinnovabili, gli impianti che si trovavano in fase autorizzativa erano complessivamente 1.364. Il 76% dei progetti riguarda la Puglia, la Basilicata, la Sicilia e la Sardegna. Dal 2019 al 2022 sono stati autorizzati impianti che raggiungono 1,4 gigawatt di eolico offshore. La potenza di un contatore di un’utenza domestica è di 3 kilowatt. Un gigawatt corrisponde a un milione di kilowatt e un megawatt a 1000 kilowatt. Nei primi 8 mesi del 2023, gli impianti installati hanno raggiunto una potenza di 415 megawatt.

«IL PIANO ELETTRICO 2030 PREVEDE 25 gigawatt di nuovo eolico – spiega Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, la principale associazione di categoria del mondo elettrico italiano – è necessario eliminare le barriere. È un errore considerare la producibilità come criterio per definire idonea un’area, e il valore delle fasce di rispetto, così inutilmente ampio, non consentirà di realizzare impianti nella maggior parte delle aree».

NEL RAPPORTO PUBBLICATO da Legambiente Scacco matto alle rinnovabili si chiarisce la portata dei ritardi: a fronte dell’obiettivo di 85 gigawatt in totale da energia rinnovabile al 2030, ovvero una media annua di 10 gigawatt, nel 2022 l’eolico ne ha raggiunti circa 3. Di questo passo – denuncia l’ong – ci vorranno 20 anni. Pesa il mancato accordo tra Ministero dell’Ambiente e Ministero della Cultura e alcune leggi regionali. Solo in Puglia – segnala Legambiente – «il Consiglio dei ministri è dovuto intervenire su 15 progetti per 630 megawatt di potenza complessiva». La Puglia, con una potenza di 3 gigawatt, è la regina dell’eolico italiano. Produce un quarto della potenza elettrica nazionale.

IL PRIMO E AL MOMENTO UNICO PARCO eolico a mare è stato realizzato da Renexia, a Taranto. Si chiama Beleolico ed ha una capacità di 30 megawatt. Per realizzarlo ci sono voluti 14 anni. La partita, nel caso pugliese, ora si gioca tutta in Salento. C’è chi denuncia un assalto al territorio. Le pale eoliche sono spuntate anche tra le abitazioni (con effetti sonori rilevanti per gli abitanti). Il criterio per collocare gli impianti resta sempre la ventosità.

MA – FA SAPERE STEFANO CIAFANI, presidente di Legambiente – «se il decreto viene approvato così com’è, faremo un favore alle aziende delle fonti fossili. Non riusciremo a raggiungere gli 11 gigawatt annui. Se passano tutte le condizioni poste, ci saranno limitazioni. Oltre a installare nuovi impianti – dice – bisogna intensificare il repowering degli impianti esistenti. Verrebbe ridotto il numero di pale, aumenterebbe la potenza e l’energia prodotta. Oggi farlo è difficile, perché le aziende devono ripercorrere l’iter autorizzativo come se l’impianto precedente non esistesse».

IN TERMINI DI EMISSIONI, SPIEGA L’ANEV, l’associazione nazionale energia del vento, quanto prodotto nel 2022 da eolico «equivale al fabbisogno di circa 20 milioni di persone e ad un risparmio di circa 12 milioni di tonnellate di emissioni evitate di CO2 e di 25 milioni di barili di petrolio». Il presidente Simone Togni fa sapere che «i tempi autorizzativi attuali, mediamente di 5/6 anni, non sono compatibili con gli obiettivi prefissati. I dinieghi spesso sono pretestuosi. Visto che alla fine i progetti vengono comunque autorizzati, sarebbe meglio che i Ministeri chiarissero i parametri normativi, eliminando l’incertezza che viene dall’applicazione discrezionale».