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In Iran uccisi, feriti e arrestati. Colpa di Teheran e della Ue

In Iran uccisi, feriti e arrestati. Colpa di Teheran e della UeManifestanti bloccano una strada a Teheran – Ap

Medio Oriente Internet ancora oscurato dalle autorità per impedire il dilagare della protesta. Amnesty denuncia: centinaia di morti. Gli iraniani traditi da Bruxelles che non ha mai reagito alle sanzioni statunitensi

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 21 novembre 2019

È una stagione di dissenso, in Iran come in Iraq e in Libano. A muovere le piazze sono le ingiustizie economiche, la disoccupazione, la corruzione, l’aumento delle tasse, la sfiducia in politici incapaci di gestire la cosa pubblica.

Nei diversi paesi, le reazioni di chi comanda sono le stesse: reprimono i dimostranti, li accusano di essere al soldo di paesi stranieri, oppure cavalcano le proteste cercando di ottenere un vantaggio sui propri avversari.

Per fermare il dissenso, la macchina repressiva della Repubblica islamica sta facendo morti e feriti e arrestando migliaia di persone. Vittime non solo di un regime feroce con i suoi cittadini, ma anche di un Occidente che ha isolato l’Iran e gli iraniani: se, come denuncia Amnesty International, centinaia di persone sono state uccise, è a causa dell’embargo imposto dall’amministrazione Trump, che ha mandato a monte l’accordo nucleare.

I morti e i feriti sono colpa anche dell’Europa che, asservita agli interessi degli Stati uniti, non è stata in grado di tenere aperto il canale del business e, di pari passo, quello del dialogo con Teheran. Se Bruxelles ne fosse stata capace, il governo Rohani avrebbe rilanciato l’economia e continuato a vendere petrolio, senza dover togliere i sussidi alla benzina.

In questi giorni, un altro strumento diabolico usato dalle Guardie rivoluzionarie per impedire il dilagare del dissenso è il blocco di internet. Dopo la prima giornata di blocco totale, si riesce a parlare per telefono e funzionano gli sms, ma non le mail e le app in rete come WhatsApp.

È la prima volta che internet viene spento per così tanti giorni, evidentemente i pasdaran hanno avuto paura che a 40 anni dalla rivoluzione qualcosa andasse storto, anche perché queste ultime proteste sono scoppiate in maniera spontanea prendendo di mira, sin da subito, tutta la classe politica.

Quelle di fine 2017 e inizio 2018 erano state invece scatenate dagli ultraconservatori che speravano di aizzare la popolazione contro Rohani, ma presto si erano resi conto che la rabbia non veniva diretta solo contro i moderati.

Per gli appassionati di Storia, queste ultime proteste somigliano a quelle del 1951-53, causate dall’embargo petrolifero deciso da una potenza occidentale. Nel 1951 furono gli inglesi a impedire agli iraniani di esportare greggio dopo la nazionalizzazione voluta dal premier Mossadeq, giustificata dal fatto che la società petrolifera anglo-iraniana pagava più tasse a Londra che royalties a Teheran.

Gli inglesi abbandonarono il campo, mettendo in difficoltà l’industria petrolifera iraniana. Per riprenderne possesso, ne fecero di tutti i colori. Andarono persino al Consiglio di Sicurezza Onu, dove fu decretato che la nazionalizzazione non metteva in pericolo la sicurezza del pianeta.

Mossadeq riuscì ad averla vinta e, non riuscendo a vincere con le buone, gli inglesi architettarono il colpo di Stato messo in atto dalla Cia nel 1953. Per decenni la letteratura disponibile ci ha raccontato il successo di quell’operazione, ma fonti recenti hanno svelato che gli agenti Usa avrebbero fatto cilecca: a rovesciare Mossadeq furono gli ayatollah che in piena guerra fredda erano spaventati dalle simpatie del premier per i comunisti e per questo assoldarono bande di teppisti.

Ora, l’embargo petrolifero è opera di Trump: le esportazioni iraniane di greggio sono scese da 2,4 milioni di barili al giorno a meno di 500mila. I petrodollari in cassa sono diminuiti e, di conseguenza, il governo ha meno soldi da distribuire in quei sussidi ai generi di prima necessità che – da decenni – servono a raccogliere consenso tra la popolazione.

I sussidi servono a pagare la benzina una cifra irrisoria, ma da venerdì scorso i litri a disposizione di ogni automobilista sono scesi da 250 a 60 al mese. I motivi per protestare ci sono tutti, la risposta dei pasdaran è stata feroce, ma una buona dose di responsabilità per quello che succede – morti, feriti, arresti – è da imputare anche a Washington e a Bruxelles: se avessero rispettato l’accordo sul nucleare, l’Iran si sarebbe aperto non solo agli investimenti e anche ad altre contaminazioni, non ultimi i diritti.

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