In Honduras rivolta contro Hernández. E Trump che lo sostiene
Rabbia nelle strade Stavolta la protesta risponde alle riforme in campo educativo e sanitario varate dal governo di Joh, come viene chiamato l'illegittimo presidente. Pneumatici in fiamme all'ambasciata Usa
Rabbia nelle strade Stavolta la protesta risponde alle riforme in campo educativo e sanitario varate dal governo di Joh, come viene chiamato l'illegittimo presidente. Pneumatici in fiamme all'ambasciata Usa
Contro il presidente golpista Juan Orlando Hernández, rieletto in modo fraudolento nel novembre del 2017 in mezzo alle furiose proteste dell’opposizione, il popolo honduregno – perlomeno quello che non ha ancora lasciato il paese con le tante carovane di migranti in fuga dalla povertà estrema e dalla violenza – è tornato in strada a gridare tutta la sua rabbia.
La protesta è diretta questa volta contro le riforme in campo educativo e sanitario varate dal governo di Joh, come viene chiamato l’illegittimo presidente. Ma la rabbia si estende anche agli Stati uniti, i veri responsabili della sua continuità al potere, i quali oggi invitano a «risolvere i conflitti in maniera pacifica nel rispetto dell’ordine pubblico». E la risposta è arrivata proprio all’ingresso dell’ambasciata Usa a Tegucigalpa, dove un gruppo di manifestanti ha piazzato un mucchio di pneumatici e gli ha dato fuoco, con le fiamme che hanno ricoperto parte dell’edificio della sede diplomatica.
Non è stato questo, però, l’unico atto di protesta che ha caratterizzato lo sciopero generale di 48 ore proclamato da medici e insegnanti dopo oltre un mese di mobilitazioni. Con marce e blocchi stradali nelle principali città del paese, i manifestanti esigono dal congresso la deroga dei decreti governativi, finalizzati – temono – a operare una massiccia privatizzazione dei servizi, con conseguente ondata di licenziamenti. Dal 2009 ad oggi, del resto, gli investimenti nel settore educativo sono passati dal 32,9% al 19,9% – grazie soprattutto al congelamento dei salari dei docenti e al taglio dei fondi per l’infrastruttura scolastica – e quelli nella sanità dal 14,3% al 9,7%, con conseguente riduzione dell’accesso ai farmaci e al materiale chirurgico.
A segnare un prima e un dopo, il golpe del 2009 contro Manuel Zelaya, dopo il quale per per ben due volte – nel 2013 e nel 2017 – le forze impegnate in difesa della democrazia hanno vinto nelle urne e, in entrambi i casi, l’oligarchia honduregna ha rovesciato il risultato elettorale imponendo il proprio candidato.
Da allora la repressione è stata l’unica risposta alle rivendicazioni popolari: nelle ultime settimane, almeno sei persone sarebbero state uccise secondo i manifestanti, più diverse altre ferite, tra insegnanti, studenti e giornalisti. «Vittime di una campagna di odio», ha dichiarato la presidente del Collegio medico Suyapa Figueroa, denunciando la violazione del «diritto umano alla protesta».
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