Visioni

In Giappone gli schermi s’illuminano per la Palestina

In Giappone gli schermi s’illuminano per la Palestina"Gaza Surf Club" (2016)

Maboroshi Cinema, librerie indipendenti, piccoli spazi si stanno muovendo per informare e sensibilizzare rispetto a quanto avviene a Gaza

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 26 gennaio 2024

Ogni giorno, ormai da più di tre mesi, piccoli e meno piccoli assembramenti di persone si formano in vari angoli delle città giapponesi per protestare contro il genocidio in corso in Palestina e per chiedere l’immediato cessate il fuoco. Sfilate di solidarietà, ma soprattutto piccoli capannelli di persone che quasi quotidianamente stazionano per una o due ore in alcuni dei luoghi più affollati delle metropoli del Sol Levante, di solito all’uscita delle stazioni ferroviarie più frequentate. Si tratta di uno sforzo per sensibilizzare l’opinione pubblica e l’ultimo è stato anche un’occasione per protestare direttamente contro Itochu Aviation, azienda giapponese che collabora con Elbit Systems, gruppo israeliano che fornisce armi all’esercito.

Questo incessante impegno, che comunque rimane minoritario rispetto allo spazio dedicato al genocidio dai grandi media, è spesso accompagnato da reading poetici e proiezioni cinematografiche. Queste hanno il compito e lo scopo di fare quello che i canali televisivi non fanno, cioè informare su quello che sta succedendo in Palestina e soprattutto fornire un corretto contesto storico del conflitto.

Da fine dicembre fino alla fine di gennaio, ad esempio, due piccole librerie indipendenti a Osaka e Kyoto hanno organizzato una mostra fotografica intitolata La Palestina come l’abbiamo vista noi – Le persone sotto l’occupazione e la loro quotidianità. Chi può cerca inoltre di organizzare eventi di sostegno verso la causa palestinese, come il piccolo spazio multifunzionale Kuranku Cinema, nella prefettura di Yamanashi, che ha organizzato due proiezioni speciali dei documentari Gaza, diretto nel 2019 da Garry Keane e Andrew McConnell, e The Pianist from Ramallah, lavoro di Avida Livny del 2020. Quest’ultimo documentario verrà presentato anche al Za-Koenji Documentary Festival, una manifestazione dedicata al cinema del reale che si aprirà l’otto febbraio in un quartiere della capitale giapponese. In un’altra zona di Tokyo, Setagaya, il cinema indipendente Shimo-Takaido ha inserito nel suo calendario altri due documentari, Little Palestine, Diary of a Siege (2021), lavoro con cui il regista Abdallah Al-Khatib racconta la vita in un campo di rifugiati palestinesi in Siria e A World Not Ours, anch’esso incentrato sulla vita in un campo di rifugiati, in questo caso nel sud del Libano, luogo natio del regista Mahdi Fleifel.

Avrà una circolazione relativamente più ampia invece Gaza Surf Club del 2016, che sarà proiettato in alcune sale indipendenti dell’arcipelago da gennaio a marzo. Il film, sempre un documentario, è diretto da Philip Gnadt e Mickey Yamine ed è incentrato su un gruppo di amici e surfisti palestinesi che praticano il loro sport preferito nel mare della Striscia di Gaza e alle Hawaii.
Segue un gruppo di giovani anche Slingshot Hip Hop, diretto da Jackie Reem Salloum nel 2018, un lavoro che ripercorre la storia e l’evoluzione dell’hip hop palestinese dagli anni novanta del secolo scorso in poi. Il film sarà presentato in una proiezione speciale il diciassette febbraio prossimo nella città di Nagoya, ancora una volta in uno spazio ibrido, una libreria-caffè.

Vale la pena concludere questa breve carrellata, che non vuole e non può essere esaustiva naturalmente, con una pubblicazione, quella del numero di febbraio di Gendai Shiso. La prestigiosa rivista mensile, che tratta solitamente temi quali filosofia, storia, sociologia, studi scientifici e femminismo, avrà il numero in uscita il prossimo mese interamente dedicato al paese arabo e sarà intitolato Domande dalla Palestina – Riflettere su 100 anni di violenza.

matteo.boscarol@gmail.com

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