Internazionale

In Chiapas al centro del mondo

Il leader ribelle mascherato del subcomandante dell'EZLN Marcos saluta mentre arriva a La Hormiga foto Archivio manifestol subcomandante Marcos accolto a San Cristobal de las Casas nel gennaio 2006 – foto Archivio il manifesto

Il ricordo Ricordo di Gianni Proiettis, scomparso in Perù dove viveva dopo il bando imposto dal Messico alla sua voce scomoda, che ha raccontato su queste pagine il senso della rivoluzione zapatista

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 18 ottobre 2024
Andrea CegnaCITTA' DEL MESSICO

Incontrare Gianni Proiettis, a San Cristobal, era quasi un obbligo, quasi un dovere, se eri in Chiapas non per turismo. Gianni arrivò nel 1993 in città, insegnava italiano e francese all’Università Autonoma del Chiapas. In un posto dove, a differenza di oggi, hotel e ristoranti si contavano sulla punta delle dita della mano, e trovare prodotti italiani era impossibile.

POI IRRUPPE IL 1994, il 1 gennaio, e Gianni mi confidò: «Mai mi sarei aspettato che un giorno questo posto sarebbe diventato il centro del mondo». Con lui si parlava ma si discuteva anche, io soprattutto ci ridevo e scherzavo. Mi raccontava della città che cambiava, dei suoi pensieri sull’Italia, del suo rapporto con il manifesto, chiedeva dei movimenti e dei partiti, era curioso, eretico, comunista. Io andavo a casa sua, tante e tanti lo incontravano fuori e ci facevano importanti e calde discussioni politiche.

Gianni era un giornalista, e quel primo gennaio accorgendosi che i telefoni non andavano e che la città viveva un’atmosfera di sospensione particolare, tanto che anche gli alberghi erano chiusi, prese la telecamera e uscì di casa. Poche quadre lo separavano dal centro della città. «Vedevo elicotteri militari sorvolare la zona» mi raccontò. E così arrivò al palazzo del governo cittadino, occupato dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

«Quando arrivai lì non capii nulla, la mia attenzione poi fu catturata da uno più alto degli altri, che dava ordini, parlava con le persone, e aveva il passamontagna». Si avvicinò e chiese se poteva intervistarlo, Gianni scoprì il metodo zapatista, e colui che il mondo poi avrebbe scoperto essere il Subcomandante Insurgente Marcos, rispose che doveva ricevere il permesso per farsi intervistare. Entrò nel palazzo occupato per ottenerlo. Gianni lo seguì.

IL SUP MARCOS, prima di farsi intervistare lo “sgridò” dicendogli che non avrebbe dovuto farlo. Il testo di quell’intervista arrivò il 3 gennaio del 1994 sulle pagine de L’Unità e Processo decise di riprenderla. Il video, invece, è nel mio archivio, lo conservo gelosamente e una piccola parte l’ho inserita nel mio documentario La Grieta.

Il grande cuore di Gianni ha fatto si che le sue riprese siano state regalate e digitalizzate qui in Chiapas affinché restino patrimonio collettivo.

A San Cristobal, quel giorno, c’erano anche Raffaele Crocco e Renato Tanfoglio, anche loro, a loro modo, iniziarono a raccontare in Italia cosa stava accadendo. Così l’ultima rivoluzione del secolo scorso, una rivoluzione indigena, anti-capitalista, femminista e decoloniale arrivò in Italia. Letta come prosecuzione delle lotte di liberazione nazionale, fu snobbata e non capita a partire da quell’intervista, di poco meno di mezz’ora, che racchiude l’essenza della diversità zapatista.

L’INCESSANTE LAVORO di Gianni ha permesso però di rompere le logiche occidentali- centriche. Per anni, con amore, ha raccontato sul manifesto, e a chi lo incontrava, le complessità del suo amato Chiapas. Poi nel 2011, durante il Governo Calderon, è arrivata la vendetta dello Stato. Andando a rinnovare il suo permesso di soggiorno negli uffici della Migrazione è stato deportato in Italia, senza poter comunicare con nessuno, nemmeno con sua moglie che lo aspettava a casa. Applicarono l’art. 33 della Costituzione.

Tornato a Roma era spiazzato, così con sua moglie, Maribel, si è trasferito in Perù, e insieme hanno aperto una pizzeria. In questi anni l’ho intervistato più volte per Radio Onda d’Urto, e come sempre, con passione e ironia, raccontava quel che vedeva e capiva in Perù delle proteste contro Dina Boluarte. Ha continuato a scrivere anche per La Jornada, tenendo così un piede in quel paese tanto amato che non ha più rivisto.

POI È SPARITO, non rispondeva più a mail e messaggi, ma questo era un classico di Gianni. Fino a quando, sentendomi con Claudio Albertani, abbiamo approfondito il silenzio e abbiamo scoperto che è morto.

Gianni Proiettis si è spento il 25 settembre 2023 nella città di Cusco, in Perù. Complicazioni renali e peritonite. Se n’è andato rapidamente, poco prima di un’operazione programmata. È morto all’età di 77 anni. Se n’è andato serenamente. Era nato il 19 gennaio 1946 a Roma.

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