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In campagna elettorale tutti i leader sorridono

In campagna elettorale tutti i leader sorridonoManifesto elettorale di Matteo Salvini

Verso le europee La pubblicità dei partiti, tra tappi di bottiglia, blu istituzionale e pacifismo. Il Pd sceglie la logica del noi versus loro. Avs punta a un voto più spericolato

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 1 giugno 2024

Sui manifesti di questa campagna elettorale sorridono tutti. Sorride Giorgia Meloni sullo sfondo azzurro. Sorride Elly Schlein in mezzo alla gente. Sorride Giuseppe Conte, sorride Matteo Salvini e sorridono anche i morti, con Silvio Berlusconi che alza il braccio di un più serio Antonio Tajani.
La comunicazione pubblicitaria è solo uno dei tanti tasselli di un campagna elettorale e serve soprattutto a definire il posizionamento di una lista nella mente dell’elettore. È un giro di basso che sostiene la missione del partito rispetto a quella dei suoi concorrenti. Fondamentale è quindi mantenere ritmo e costanza nel corso delle settimane che precedono il voto.

Lo sta facendo con accuratezza Fratelli d’Italia, che ha puntato fin dall’inizio sulla persona di Giorgia Meloni a partire dal giochetto di «detta Giorgia» sulla scheda elettorale. Il blazer blu con i bottoni in oro, il tricolore alle spalle e un sorriso che pare stia per esplodere in una risata, quasi a stemperare la sobrietà di un layout che sottolinea il suo ruolo istituzionale. Lo slogan, in controcanto, è il massimo della personalizzazione «Con Giorgia, l’Italia cambia l’Europa». È lei l’agente del cambiamento, il partito svanisce.
Decisamente più confusa la comunicazione della Lega che in pochi giorni è passata da «Cambiamo l’Europa prima che lei cambi noi», a un Salvini versione assicuratore «a difesa delle case e della auto degli italiani», per approdare a «Più Italia, meno Europa». Declinato in bizzarre dicotomie, dai tappi delle bottiglie a mangiatrici di insetti crudi, che vorrebbero toccare il quotidiano degli elettori, restituisce una sensazione generale di scarsa solidità: il riflesso di quella del leader nel suo partito.

Più decisa la collocazione di Forza Italia. «Una forza rassicurante al centro dell’Europa». Il claim richiama la force tranquille con cui Mitterand vinse le elezioni presidenziali francesi nel 1981. Il problema dell’identità e della continuità di un partito che ha perso il suo leader storico è risolto con l’invenzione della prima campagna elettorale obituaria della storia. Silvio Berlusconi è riesumato ad accompagnare Tajani sui manifesti ma è anche il protagonista di uno spot (tra i pochi che si sono visti) che utilizza l’ultimo scritto autografo vergato sulla carta intestata di Villa San Martino.

Esemplare è la modalità con cui il centro-destra ha occupato tutte le diverse caselle dello spettro europeismo-antieuropeismo. A seconda della componente, l’Europa è da cambiare, ridurre o occupare al centro. Non tanto il luogo dell’esercizio della politica, quanto il riferimento intorno a cui collocare la propria identità.
Il Partito democratico punta invece di più sui temi e sulla mobilitazione del proprio elettorato. Lo slogan «Insieme per l’Europa che vogliamo» mira a motivare l’appartenenza. «Noi», «insieme», sono classici della comunicazione politica che vengono ribaditi dal sorriso rassicurante di Elly Schlein mentre stringe la mano di un invisibile militante. Il claim funziona bene anche ad accompagnare le affissioni multisoggetto in cui scompare il volto della segretaria per fare posto a fotografie di stock. Sono le proposte di programma, sempre presentate nella logica noi versus loro. «Salario minimo, no sfruttamento», «Cure accessibili, non attese infinite», «Una famiglia, non un bersaglio».

La campagna di Alleanza Verdi Sinistra si pone in relazione dialettica con quella del Pd alla conquista di un elettorato più spericolato. Lo slogan della lista «Il coraggio di osare» ammicca all’esperienza di «Coraggiosa», la lista con cui Elly Schlein si presentò alle regionali 2020. Più che mobilitare il proprio elettorato mira a smobilitare quello Pd. Lo slogan però, forse a causa di un certo sapore dannunziano, non sembra aver convinto tutti i candidati. Massimiliano Smeriglio, ad esempio, usa «Scegli in quale Europa vivere», Ignazio Marino «Curiamo l’Europa». Scelte che indeboliscono la consistenza di una comunicazione più povera di risorse rispetto alla concorrenza.

Tutt’altro approccio quello della lista Pace terra dignità. «Basta Guerra, Io Voto!» è una Unique Selling Proposition, un’argomentazione unica di vendita, per attrarre pacifisti astensionisti. Una scelta di rettitudine quella di non utilizzare il volto televisivo di Michele Santoro che pure avrebbe pagato qualcosa in termini elettorali.
Il Movimento 5 Stelle di Conte, invece, parla come fosse ancora alla presidenza del consiglio. Forse per questo ha scelto il «Classic Blue», colore dell’anno nel 2020 e ampiamente usato a livello istituzionale. Anche la giacca è blu, così la cravatta. «L’Italia che conta, protagonisti in Europa» combina orgoglio nazionale e impegno proattivo. Copre una parte diversa da quelli che sono i contenuti politico-elettorali e serve a ribadire all’elettore che il M5S è un partito maturo, non più quello caotico e movimentista delle origini. Anche Conte sorride seducente guardando a sinistra.

In ogni caso a decidere l’esito delle prossime elezioni europee non basteranno sorrisi, immagini e slogan che campeggiano su manifesti elettorali, retrobus, palchi dei comizi e social. Vedremo il 9 giugno sul volto di chi resterà il sorriso e chi invece dovrà cambiare espressione.

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