In Brasile si torna alle urne per la prima volta dopo l’avvento di Bolsonaro. Sono 148 milioni gli elettori chiamati a votare il 15 novembre per scegliere i prefeitos (sindaci) e i vereadores (consiglieri) dei 5570 municipi brasiliani.

Anche se si tratta di elezioni municipali, il confronto tra le forze politiche è centrato sui grandi temi che agitano il paese: l’emergenza sanitaria e la gestione della pandemia, la crisi economica e le misure adottate per fronteggiarla. L’onda conservatrice che aveva portato nel 2018 l’ex capitano alla presidenza della repubblica non si è arrestata, ma deve fare i conti con la catastrofe sanitaria e sociale che sta colpendo il paese e le profonde trasformazioni nella vita collettiva e individuale.

SONO 545 MILA GLI ASPIRANTI prefetti e consiglieri, con le forze di destra che hanno presentato il maggior numero di liste e candidati. Si tratta di elezioni atipiche, senza le tradizionali iniziative di propaganda che animano i municipi brasiliani ad ogni tornata elettorale. La propaganda e la ricerca del consenso si sviluppano attraverso le reti sociali, con una massiccia comunicazione digitale che tiene mobilitati gli elettori. Il voto in Brasile è obbligatorio, ma nelle ultime due votazioni era cresciuto l’astensionismo, con il 20% degli elettori che non si era recato alle urne. Ora la pandemia può accentuare il fenomeno.

L’attenzione è rivolta alle grandi città, perché saranno i risultati dei più importanti municipi a dare la misura degli effetti prodotti da Bolsonaro e dalla pandemia. San Paolo e Rio sono le osservate speciali. Nel consiglio municipale di Rio era stata eletta nel 2016 con 46 mila voti Marielle Franco, assassinata nel marzo 2018 da una banda di miliziani che coltivava stretti rapporti con la famiglia Bolsonaro. Secondo uno studio realizzato per la Rete Fluminense di ricerca sulla violenza, le milizie continuano a imperversare, controllando un quarto dei quartieri e il 60% del territorio e riuscendo a condizionare fortemente queste elezioni. Il voto libero e la protezione dei candidati si ripresentano in modo drammatico nell’area di Rio.

IL PRESIDENTE BOLSONARO partecipa attivamente alla campagna elettorale, pur non avendo un partito di riferimento. La sua Alleanza per il Brasile, fondata dopo aver lasciato il Psl, nelle cui file era stato eletto, non è presente in queste elezioni. Si sta spendendo molto nel sostegno di alcuni candidati appartenenti al blocco di destra, come Celso Russomando a San Paolo e Marcelo Crivella a Rio, pastore evangelico e attuale sindaco della città. Nella sua ultima scorribanda elettorale nello stato di Pernambuco, nord-est del Brasile, il presidente ha fatto un appello per scegliere sindaci e consiglieri che «hanno nel loro cuore Dio, patria e famiglia».

Le indicazioni di voto e gli appelli di Bolsonaro hanno come obiettivo il rafforzamento di un largo campo conservatore su cui poter contare alle presidenziali del 2022. La sicurezza pubblica nelle città è l’altro tema che il presidente agita con forza, non avendo dati positivi da sbandierare in campo economico e sociale. Le prese di posizione di Bolsonaro sulla sicurezza hanno favorito la presenza nei partiti di destra di un numero record di candidati provenienti da forze armate, polizia militare e civile e altre aree della sicurezza.

SECONDO I DATI del Tribunale superiore elettorale sono ben 8730 i candidati che arrivano da questi settori (più 21% rispetto alle precedenti elezioni) e che, invocando «legge e ordine», vanno a rafforzare la «bancada da bala» (fronte del proiettile).

Anche la chiesa evangelica, che sta ampliando la sua presenza nelle aree urbane e rurali del paese, gioca a tutto campo. Dopo aver svolto un ruolo decisivo nell’elezione di Bolsonaro, ora è fortemente impegnata nel sostenere quei candidati che si mostrano sensibili alle sue invocazioni.

LA SINISTRA ARRIVA a queste elezioni in una condizione di debolezza, senza una opposizione sociale in grado di ostacolare il processo di «corrosione della democrazia» portato avanti dall’attuale governo. Ma la perdita di consenso per il Pt di Lula si era manifestata prima dell’avvento di Bolsonaro. Le elezioni municipali del 2016, segnate dall’operazione Lava Jato, le accuse contro Lula e la destituzione di Dilma, avevano registrato per il Pt un crollo del 60% nel numero di eletti alla carica di prefetto rispetto al 2012, passando da 644 a 255. Inoltre, in nessuna delle 100 maggiori città del Brasile era stato eletto un prefetto del Pt. Una crisi grave che ha visto in questi anni il maggiore partito della sinistra sulla difensiva sia nelle aule giudiziarie che in parlamento e nei municipi.

In vista di questa scadenza elettorale sono stati numerosi gli appelli a costituire un ampio fronte con tutte le forze della sinistra e i movimenti sociali, ma nella maggior parte dei municipi non si è riusciti a proporre candidati comuni in grado di arrivare al ballottaggio. Si spera, comunque, in una inversione di tendenza, con un riposizionamento dell’elettorato. L’espressione gramsciana su «il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà» è risuonata spesso all’interno della sinistra brasiliana in queste settimane.

ANCHE LE COMUNITÀ INDIGENE, pur con tutte le difficoltà legate alla pandemia, vedono in queste elezioni una occasione per aumentare la loro rappresentanza nei consigli municipali. Una presenza che ha l’obiettivo di salvaguardare i territori e la salute. Sono 2194 i candidati indigeni alle municipali, un terzo rappresentato da donne, con un aumento del 28% rispetto alle elezioni del 2016, quando erano stati eletti 167 consiglieri.

Sono molteplici gli interessi in gioco nel grande paese latino-americano e anche attraverso queste elezioni municipali la fragile democrazia brasiliana cerca una via d’uscita dal bolsonarismo e dalla pandemia.