Otto minuti per convincere. Tre giorni dopo la sconfitta alle elezioni legislative, con conseguente perdita della maggioranza assoluta, arriva il primo intervento pubblico di Macron. Il presidente francese mette gli altri partiti di fronte alle loro responsabilità: tocca a voi dire cosa volete, dopo una forte astensione e un voto che spinge al compromesso (come succede altrove, ha citato Germania e Italia). La ricerca è di una maggioranza più ampia.

IL PRESIDENTE ESCE dal silenzio, prima di partire per una lunga sequenza fuori dalla Francia (Consiglio europeo oggi e domani a Bruxelles, G7 a Elmau in Baviera da domenica, vertice Nato a Madrid da martedì, summit Onu sugli oceani a Lisbona). La risposta sarà dopo il ritorno dagli appuntamenti all’estero.

Come evitare il blocco delle istituzioni e la paralisi del paese, dopo la perdita della maggioranza assoluta? Macron, in due giorni, ha ricevuto i rappresentanti dei partiti. Il ministro delle Relazioni con il Parlamento, Olivier Véran, parla di «poste molteplici», di «allargamento dell’arco repubblicano», di «proseguire nel superamento» del confronto destra-sinistra o di accordi «progetto per progetto». Senza successo, per il momento. Anche se La République en Marche e la coalizione Ensemble ricordano che sono «arrivati in testa» (mancano comunque 43 voti alla maggioranza assoluta e il ricorso al 49.3 – fiducia rovesciata – dal 2008 è molto limitato). La prima idea, difesa dal consigliere-alleato François Bayrou, è stata di testare la fattibilità di un governo di unione nazionale. Sottinteso: attorno a un primo/a ministro/a molto “politico”, vale a dire la fine anticipata del breve potere di Elisabeth Borne, una “tecnica” considerata poco potente (con un altro sottinteso, per Bayrou, che si vedrebbe bene al suo posto). Ma Macron ha solo ottenuto dei rifiuti. A cominciare dai Républicains (Lr).

UN «MATRIMONIO FORZATO», per Aurélien Pradié, giovane lupo emergente, che punta alla marginalizzazione della vecchia guardia. Lr è diviso, una parte dei notabili ha già proposto di andare in soccorso di Macron, l’ex primo ministro, Edouard Philippe (che viene dalla destra e già prepara le presidenziali del 2027) sogna un’alleanza di governo con Lr, ma anche con dei socialisti e Verdi. Ma il segretario uscente di Lr, Christian Jacob, ha chiuso la porta. Marine Le Pen non crede che «la situazione giustifichi» un governo di unità nazionale, ma la leader di estrema destra promette un’opposizione «costruttiva».

Ci sono polemiche nella maggioranza relativa sulle modalità dei rapporti con il Rassemblement national (Rn), forte di 89 seggi (più 2 assimilati): alcuni non hanno chiuso la porta ad accordi specifici per far passare delle leggi, ma la maggioranza rifiuta ogni compromesso.

UN GOVERNO DI UNITÀ nazionale è «improbabile, incomprensibile, incoerente, non siamo candidati a nessuna collaborazione con il presidente della Repubblica» ha tagliato corto Adrine Quatennenes della France Insoumise, ricevuto ieri mattina all’Eliseo. «La situazione politica è l’esatto contrario di quella del quinquennato precedente – ha commentato – prima il Parlamento era una camera di registrazione dell’esecutivo, ora il Parlamento è forte e l’esecutivo debole».

La France Insoumise rifiuta l’ipotesi di votare dei testi di legge presentati dal governo, accetterebbe solo di far passare proposte di legge presentate dalla sinistra. Il partito di Jean-Luc Mélenchon minaccia una mozione di censura per il 6 luglio, dopo il previsto discorso di presentazione della politica generale di Elisabeth Borne. Per Roussel, segretario Pcf, un governo di unità nazionale è «fuori questione, visto il livello di rigetto e di detestazione di Macron e della sua politica». Il Ps chiede che Macron si esprima di fronte al Congresso (Assemblée nationale e Senato uniti), considerato il livello di crisi. «Non vedo la necessità» di un governo di unità nazionale, «voteremo secondo gli interessi del paese», ha affermato Julien Bayou, segretario di Generazione-Ecologia.