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Immolazioni, sciamani e una strage di massa. Minoranze contro la leva

Immolazioni, sciamani e una strage di massa. Minoranze contro la levaRiservisti russi in partenza da un centro di reclutamento a Krasnodar – Ap

Crisi ucraina Monta la protesta nelle regioni più colpite dalla mobilitazione. Fino all’estremo: in Udmurtia massacro in una scuola, 15 morti. Chi può è già scappato: alcune ong parlano di 70mila uomini riparati all’estero

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 27 settembre 2022

Vladimir Putin ha deciso la mobilitazione per raggiungere, così ha detto la scorsa settimana, tutti gli obiettivi dell’operazione speciale in Ucraina. Una parte dell’esercito, però, rischia di doverla impiegare dentro gli stessi confini della Russia, nelle regioni in cui la chiamata dei riservisti è più pesante. Un Btr-80 per il trasporto truppe è comparso ieri per la prima volta al checkpoint di Verkhnyy Lars, il valico sul fiume Terek lungo il bordo con la Georgia.

È un posto di frontiera degno di un romanzo di Tolstoj. Dallo stesso punto nel 2008 passarono le colonne di tank con cui i russi in pochi giorni piegarono l’offensiva dell’ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili in Ossezia del Sud, spingendosi a una trentina di chilometri da Tbilisi.

OGGI LÌ CI SONO migliaia di civili in età da militare che cercano di lasciare il paese prima di finire a combattere in Donbass. La coda di auto è lunga chilometri. Alcuni aspettano già da venerdì. Da Mosca il governo ha escluso ieri la chiusura dei confini. Ufficialmente, quindi, gli uomini delle squadre speciali sono arrivati per scongiurare l’ipotesi di un assalto.

Sarebbe semplicemente una «precauzione», come ha detto un portavoce del Servizio di sicurezza federale. Ma il rischio che la situazione degeneri esiste. Potrebbero essere i georgiani a prendere la stessa iniziativa di Finlandia, Polonia e Paesi baltici, che hanno chiuso ai primi segnali di crisi i canali terrestri ancora aperti fra la Russia e l’occidente.

INSOMMA, IN RUSSIA chi ha potuto è fuggito. Per gli altri d’ora in avanti sarà sempre più difficile riparare all’estero. «Al momento non vediamo alcun esodo», ha detto un funzionario della Commissione europea. Secondo alcune organizzazioni umanitarie 70mila uomini avrebbero raggiunto negli ultimi giorni Europa, Georgia, Turchia, Armenia, Azerbaijan, Kazakhstan e Mongolia. Non è facile stabilire il grado di affidabilità di queste informazioni.

Il fenomeno esiste, ma probabilmente è più contenuto di quanto si dica. Il governo russo, che avrebbe potuto chiudere i confini lo stesso giorno in cui Putin ha deciso la mobilitazione, sembra voler usare la fuga di alcune migliaia di cittadini per alimentare la propaganda. «Lasciate che i topi abbandonino la nave: presto avremo il completo controllo e ci muoveremo verso i nostri obiettivi», ha detto il capo della Commissione elettorale, Ella Pamfilova, un tempo apprezzata anche dai partiti di opposizione per il lavoro nel Consiglio russo dei diritti umani. Ora usa lo stesso linguaggio dei reazionari.

NEL CAUCASO, in particolare in Dagestan, ci sono intere comunità in rivolta contro la mobilitazione. A Ryazan un uomo si è dato fuoco perché non voleva finire sotto le armi. A Irkutsk, nella regione del Baikal, un giovane ha ferito a colpi di pistola un ufficiale dell’esercito in un centro di reclutamento.

A Yakutsk, nella Repubblica Sakha, o Yakutia, circa 500 donne si sono riunite domenica nella piazza dedicata al rivoluzionario Grigory Ordzhonikidze e hanno protestato contro la mobilitazione unite nella Osuokhai, una danza in cerchio di solito prerogativa degli uomini. La polizia è intervenuta e ne ha arrestate 24.

La protesta è sempre più forte. In città si sono visti sciamani con gli abiti sacri compiere riti attorno agli edifici dell’amministrazione locale. Il loro ruolo ha il massimo grado di rispetto nella società yakuta, la loro presenza nelle strade assieme ai manifestanti è un elemento di estremo interesse. Il presidente della Repubblica Sakha, Alekseij Nikolaev, ha detto ieri di avere riportato a casa 120 riservisti richiamati per errore. Sabato erano cinquanta.

IL CREMLINO ha chiesto alla Yakutia 4.750 uomini. Oltre 2.500 sarebbero già partiti. L’ex sindaco di Yakutsk Sardana Avksenteva, oggi parlamentare alla Duma di Mosca con il partito Novye Lyudy, ha accusato dati alla mano le autorità militari di concentrare la mobilitazione fra le minoranze etniche. In attesa di sapere se in Russia esista davvero un movimento contro la guerra, questa è la critica politica più significativa emersa sinora nei confronti del Cremlino.

Nella regione orientale dell’Udmurtia, oltre a questo dramma, un uomo di 34 anni di nome Artem Kazantsev è entrato ieri armato nella scuola numero 88 della capitale Izhevsk e ha aperto il fuoco sugli studenti prima di togliersi la vita. Il bilancio è terribile. Quindici persone sono state uccise, fra loro undici i bambini, 24 i feriti, alcuni in gravi condizioni.

La polizia ha detto che Kazantsev indossava al momento della strage una maglia con un simbolo nazista. Secondo il governatore dell’Udmurtia, Alexander Brechalov, l’uomo era in cura in una clinica psichiatrica. «Putin è informato di quanto è accaduto», ha fatto sapere il suo portavoce Peskov.

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