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Immigrazione, braccio di ferro tra Meloni e Salvini sul nuovo decreto

Immigrazione, braccio di ferro tra Meloni e Salvini sul nuovo decreto

Immigrazione Il leghista vuole norme più dure dei suoi decreti del 2019. La premier tratta con l’Ue. Oggi il cdm a Cutro

Pubblicato più di un anno faEdizione del 9 marzo 2023

In superficie la concordia è perfetta: nessuna distinzione tra le impostazioni di Meloni e Salvini sull’immigrazione. Sott’acqua invece le divisioni ci sono eccome e per certi versi le strategie sono quasi opposte. Per questo il preconsiglio dei ministri che ieri pomeriggio avrebbe dovuto scrivere il copione per il cdm di oggi a Cutro è slittato a stamattina e ieri sera molto era ancora in forse. Non solo la sostanza ma anche la forma: decreto unico o misure distinte? Molto probabilmente prevarrà la prima ipotesi, sponsorizzata da Chigi ma neppure questo è ancora certo.

Più che di un braccio di ferro si tratta di una partita a dama, nella quale ciascuno cerca di avanzare e conquistare posizioni. La presidente non ha alcuna intenzione di uscire dalla riunione del governo a Cutro con appiccicata addosso l’etichetta dell’aguzzina. Il lavoro sull’immagine è di senso opposto e non le sfugge che la location è destinata ad amplificare tutto. L’irrigidimento contro scafisti e trafficanti, sul quale sono tutti d’accordo, è garantito. Aumenteranno le pene, attualmente da 1 a 5 anni, e le multe, per ora di 15mila euro. Verrà introdotta l’aggravante in caso di decessi tra i migranti trasportati. Sin qui è tutta discesa.

Anche sulle agevolazioni per i profughi non dovrebbero esserci grossi problemi. I corridoi umanitari, specialmente se arriverà il mezzo miliardo di euro promesso da von der Leyen, saranno di certo nominati. Lo snellimento delle pratiche per il riconoscimento d’asilo non dovrebbe incontrare ostacoli. Già molto meno liscio il capitolo flussi, quello che riguarda non i profughi ma i “migranti economici”, insomma quelli che fuggono solo dalla morte per fame. Saranno ampliati sia nel numero che nella durata ma quanto e per quanto è oggetto di contesa. Il ministro Lollobrigida aveva parlato di 500mila ingressi legali, il collega Piantedosi, che se non è un pupazzo del ventriloquo Salvini poco ci manca, aveva derubricato a 85mila ingressi l’anno, l’Agricoltura ritiene che ci sarà bisogno di 200mila paia di braccia, ai leghisti sembra uno sproposito. Qui la partita è ancora tutta aperta. La vera spina però è quel che nel decreto non dovrebbe esserci e che invece Salvini vuole a tutti i costi: disposizioni che permettano una crociata non solo per «fermare le partenze» ma anche per respingere gli arrivi, buttare fuori gli irregolari, stringere le maglie dei permessi di soggiorno. Insomma, il ritorno ai decreti Sicurezza del 2019, quelli firmati da Salvini e dal suo capo di gabinetto Piantedosi.

La Lega gioca su due tavoli: quello governativo a Cutro e quello parlamentare a Roma. Nella commissione Affari costituzionali della Camera verrà incardinata proprio oggi una proposta di legge a firma Iezzi-Molinari che quanto a restrizioni sui permessi di soggiorno va persino oltre i dl Sicurezza. «Vedremo se FdI li voterà o no», lancia la sfida Molinari anche se il voto e di là da venire. «Non ci sono nostre obiezioni», assicura il vicepresidente della commissione De Corato, un fratello tricolore ma di quelli vecchio stile, poco permeato dal nuovo corso meloniano. Fi, in forma anonima, si dice certa che la proposta perderà ogni senso grazie al decreto che il governo si accinge a varare e lo stesso De Corato è sicuro che nel dl di Cutro la stretta sui permessi ci sarà.

Per Giorgia Meloni è un rompicapo che potrebbe essere parzialmente risolto con un escamotage: stringere un po’ le maglie ma con la clausola che nessuno verrà rinviato nei paesi d’origine se con la vita a rischio. Come la premier uscirà dal labirinto lo si capirà solo oggi, ma certo il sostegno europeo le offre una carta forte. Dopo la lettera della presidente della Commissione europea ieri lo ha confermato anche il premier olandese Rutte, dopo l’incontro a Roma. L’olandese ha ammesso che in materia Italia e Olanda non sono d’accordo su tutto aggiungendo però che la collaborazione può essere «il motore per trovare soluzioni». Piena intesa sulla guerra ai trafficanti e sulla necessità di collaborare con i Paesi africani e aperto apprezzamento della lettera di von der Leyen, quella della «soluzione europea per una sfida europea». Parole che Meloni considera un decisivo «cambio di passo».

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